Colombo, l'orologio segna le 18.34 del 26 settembre 2014, è già calata la notte. Piove e le strade sono piste dove far scivolare la propria auto fra le centinaia di altre che si accalcano una accanto all'altra. C'è frenesia, il suono continuo dei clacson è una composizione impazzita.
Il nostro tassista evita passanti, moto e biciclette. Procediamo a singhiozzo. Tre metri e siamo già fermi. Questa è la città che avevamo lasciato solo quattro giorni fa, prima di partire verso il nord dello Sri Lanka. Anche qui è tutto in costruzione: le gru spuntano ovunque, simboli ingombranti di investimenti internazionali, dove Cina e India hanno prenotato un posto in prima fila.
Niente a che vedere però con i lavori in corso nel nord dell'isola, dove la popolazione, a dieci anni dal maremoto, sta ancora costruendo case e alle volte, anche tombe. Queste costruzioni sono lo specchio di una realtà che il paese non può in nessun modo nascondere: nel sud si guarda ormai al futuro, nel nord si è invece ancora invischiati nel proprio passato. L'ex feudo tamil è infatti confrontato con ancora innumerevoli problemi.
Flash back
A Trincomalee, solo qualche ora prima di tornare nella capitale dell'isola, incontriamo alcuni rappresentanti di ONG locali. Ci raccontano quello che in verità non si può dire. Ossia, dell'ingerenza del Governo nel loro lavoro, delle difficoltà dei giovani tamil (ancora discriminati) a trovare un impiego, dei pescatori obbligati ad andare a pescare altrove perché sulle belle spiagge dell'est, Colombo ha deciso di puntare sul turismo. Parlano animatamente, ma non possono essere fotografati, né filmati: è troppo rischioso per loro.
Foto pescatori
I problemi economici hanno quale conseguenza che in molti decidono di emigrare. Una pratica alle volte rischiosa se non organizzata attraverso persone competenti in questo ambito, ci aveva spiegato il giorno prima Madushika Lansakava (ascolta l'intervista audio) a capo del programma dedicato alla migrazione e reso possibile anche grazie dall'aiuto elvetico del Soccorso operaio svizzero.
Molti partono senza sapere cosa andranno fare. Firmano contratti senza conoscerne il significato. Le donne vengono assunte in Medio Oriente come domestiche, ma spesso questo lavoro si trasforma in un incubo: vengono usate come "schiave", sfruttate e alle volte violentate.
L'intervista
RSI Info 27.09.2014, 18:15
Contenuto audio
Per sensibilizzare le persone e renderle attente, Madushika organizza incontri con la popolazione. A Kivali, quando arriviamo, bambini recitano davanti a un gruppo di donne. Raccontano la storia di una madre che lascia lo Sri Lanka per andare a lavorare in Qatar. I suoi figli verranno cresciuti dal fratello. Lei morirà inseguendo un sogno.
Lo spettacolo
Il tema dell'emigrazione, in un altro modo, interessa anche la Svizzera, che sul suo suolo accoglie circa 50'000 tamil. Una diaspora continua, con domande d'asilo che vengono puntualmente e numerosamente inoltrate ogni mese.
Colombo nicchia e chiude le porte agli osservatori delle Nazioni Unite che vorrebbero indagare su quanto commesso dalle due parti durante il lungo conflitto armato. "Questa non è una democrazia...", ci aveva confessato uno dei tanti interlocutori che abbiamo incontrato in questo viaggio tra sud, est e nord dello Sri Lanka. Ed è sicuramente una delle verità, che ci portiamo a casa.
Alessandra Spataro
*Viaggio organizzato dalla Divisione e dello sviluppo e della cooperazione per mostrare i progetti realizzati a dieci anni dallo tsunami.