L’inverno è sempre più rigido a Parigi. La temperatura, di notte, scende sotto lo zero e seppure vi sia stato, più di un mese fa, lo sgombero del campo migranti provvisorio nel bel mezzo della città, a Stalingrad, i migranti che costeggiano l’area ci sono ancora. tende, all’aperto, nei parchi circostanti, in una situazione di precarietà che evidenzia ancora una volta l’incapacità di risolvere la questione accoglienza. Quello che è successo a Stalingrad ha sorpreso tutti: distruggere la bidonville di Calais per poi far sorgere un accampamento impressionante al centro di Parigi. Le autorità hanno deciso inizialmente di lasciar correre, ma la crisi umanitaria ed i disagi di un accampamento in uno snodo importante della città ha fatto decidere per lo sgombero. Operazione alla quale doveva seguire il trasferimento dei quattromila migranti presenti a Stalingrad nei centri di accoglienza (CAO) di tutta la provincia. Così non è stato, perché le strutture non hanno retto a tali numeri ed i dormitori promessi nel 2015 da François Hollande non sono ancora pronti. Le autorità francesi da un anno a questa parte nella sola città di Parigi hanno già realizzato 29 sgomberi di campi. Noi siamo ritornati nell’area dello sgombero, dopo la notte passata nella tendopoli e la mattinata del prelevamento forzato, per capire quali siano state le ripercussioni. L’unica conseguenza diretta è che, ad oggi, le associazioni che si occupano di primo soccorso ai migranti non possono più svolgere le proprie attività in pubblico, per strada. Senza autorizzazione lo fanno agli angoli di strada, dove ancora ci sono migranti, tra cui minorenni, che non sono stati assegnati alle strutture fuori Parigi e che non hanno spazio nel campo sorto in città, a Porte de La Chapelle. A Stalingrad erano circa quattromila le persone presenti, il nuovo centro di accoglienza parigino ha solo 400 posti. Dopo più di un mese dallo sgombero di Calais e poi quello di Stalingrad, la situazione appare solo peggiorata.
Lorenzo Giroffi