Anziani ammalati non curati adeguatamente, casi gravi che richiedevano un ricovero in ospedale lasciati nelle loro stanze, oppure pazienti trasferiti dagli ospedali alle case anziani, penuria di mascherine e altro materiale di protezione, personale sotto pressione... Il tema del coronavirus nelle case anziani continua a tener banco, anche in Svizzera.
Come sottolinea lunedì la Federazione svizzera delle associazioni dei pensionati e d'autoaiuto, tra i morti per Covid-19 nel nostro Paese, una persona su due è deceduta in queste strutture.
"Abbiamo ricevuto molte segnalazioni di questo tipo – dice ai microfoni della RSI la copresidente della Federazione Bea Heim – storie tristi, che ci sono state raccontate da famigliari e amici delle vittime, casi che fanno riflettere e che ci fanno capire l'enorme sfida che le case anziani hanno dovuto affrontare per proteggere ospiti e personale. Dalle cifre cantonali che abbiamo a disposizione risulta che più della metà dei morti da Covid-19 erano ospiti di case anziani. Generalizzando possiamo dire che queste strutture non erano affatto pronte. E questo non deve più succedere: una crisi sanitaria non deve mai più cogliere di sorpresa come è successo".
Le domande irrisolte
L'organizzazione esorta tutti gli operatori del settore, a livello nazionale, cantonale e comunale a riflettere sulla strategia adottata. E lo fa stilando una lista di domande: “I morti parlano un linguaggio chiaro e c'è veramente da chiedersi se nell'elaborazione del concetto di protezione non siano stati dimenticati proprio questi gruppi particolarmente a rischio – prosegue Bea Heim: cosa è stato fatto concretamente nelle case anziani? Cosa è andato storto? Chi è responsabile dell'elaborazione e dell'applicazione di un piano di protezione? Il personale è sufficiente e adeguatamente preparato? Vogliamo ciò che finora non c'è stato: risposte chiare e trasparenza", conclude Heim.