Una banca ultracentenaria messa nell’angolo dalle sue operazioni a Singapore. Era già successo nel 1995 alla londinese Barings. Era successo per le malefatte del suo operatore Nick Leeson. Un istituto strablasonato che fra i suoi clienti contava addirittura la Regina Elisabetta II d’Inghilterra. Fra Barings e BSI c’è però una differenza di peso. Se i vertici londinesi erano all’oscuro di quanto stava accadendo nella filiale asiatica, a Lugano ai piani alti della BSI invece si sapeva da anni. Vertici della banca ticinese che, nonostante i rischi, non hanno voluto rinunciare ai lauti guadagni.
Luca Fasani, responsabile della redazione economia della RSI
Questo quanto ci ha fatto sapere l’autorità di sorveglianza, la
FINMA. Che per questo ha chiesto di
cancellare le strutture di BSI entro un anno. Roba mai vista per una banca delle dimensioni di BSI. Una decisione drastica, favorita magari dal fatto che
il nuovo proprietario EFG è già lì pronto per integrare BSI. Visto che il primo ammonimento risale al 2013 ci si può comunque chiedere perché la FINMA abbia aspettato tanto per intervenire.
Adesso non resta che raccattare i cocci. La posizione di chi difende i posti di lavoro di BSI nei confronti del nuovo proprietario è indebolita e la piazza finanziaria ticinese rischia di perdere posizioni. Una lezione che si può trarre da questa storia è che nel settore bancario i rischi non esistono solo nel tanto criticato investment banking, ma anche nella gestione patrimoniale. Le nuove regole di trasparenza e diligenza poi, non valgono solo a casa ma anche nei mercati emergenti.
Luca Fasani