Gli ospedali del Ticino, come quelli romandi, sono confrontati con la gestione dei migranti che non conoscono l’italiano. "Sono in media circa una decina i richiedenti l’asilo che ogni settimana si presentano al Beata Vergine di Mendrisio, il nosocomio più sollecitato in questo senso", ci spiega Mariano Masserini, responsabile del Servizio della comunicazione dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC). "Il flusso è molto variabile", continua, "e riguarda sia casi urgenti sia pazienti degenti".
Gli ospedali universitari di Ginevra (leggi il nostro articolo) stanno sviluppando uno strumento, Babel Doctor, che permetterà la traduzione simultanea fra medico e paziente, strumento pensato per facilitare il dialogo fra due persone che non parlano la stessa lingua. "E’ sicuramente una notizia interessante, i nostri ospedali valuteranno certamente questo nuovo dispositivo", ci anticipa il nostro interlocutore.
Già ora comunque, nei nosocomi dell’EOC, vi sono quattro metodi che vengono usati per permettere di comprendere i sintomi dei pazienti che non parlano una nostra lingua. "Abbiamo una lista interna di nostri collaboratori che conoscono svariate lingue (arabo, tigrino, ecc) e che possono fare da intermediari anche solo attraverso una telefonata". Ma non solo, esiste pure una convenzione con l’agenzia Derman del Soccorso operaio svizzero e un servizio nazionale di interpretazione per telefono, sovvenzionato dalla Confederazione. Vi è poi un’ultima opzione usata dai medici, che è quella di usare pittogrammi o disegni, i quali permettono, senza usare parole, di stabilire un primo contatto.
Alessandra Spataro