"Abbiamo fatto tante ipotesi, ma non volevamo usare le armi per fare fuoco". Lo hanno sostenuto oggi, martedì, come un mantra gli imputati sotto processo a Lugano per la tentata rapina sventata lo scorso ottobre a Castelrotto (vedi articoli correlati). Conclusi gli interrogatori dei sette membri della "banda di Castelrotto" e sullo sfondo si delinea anche un altro scenario.
Le armi sequestrate. Il ruolo preciso dell'arrestato è al vaglio della magistratura
Gli imputati — che hanno fra i 26 e i 51 anni e sono veri e propri "habitués" del crimine e del carcere, con una sfilza di precedenti — hanno riconosciuto i fatti e chi ha procurato i "ferri del mestiere" ammette la propria responsabilità.
L'accenno a una macchinetta contasoldi, poi, fa effettivamente pensare a un colpo grosso. "Non siamo i criminali che credete", ha esclamato uno dei sette uomini al giudice Amos Pagnamenta. Domani la parola passerà al procuratore capo Nicola Respini. La sentenza, forse, arriverà giovedì.
CSI/px
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