Sono state per decenni sinonimo di posti di lavoro e prospettive di carriera. Un settore dove i genitori volevano che i loro figli crescessero professionalmente. Ma da alcuni anni a questa parte le banche Ticinesi non sono più l’Eldorado dell’impiego.
“La contrazione del numero di dipendenti negli istituti di credito è in atto da tempo e le statistiche dimostrano come in pochi anni si siano persi almeno un migliaio di posti di lavoro. Le prospettive non sono per nulla rosee, in molti perseguono la politica dei piccoli tagli”. Ad affermarlo Matteo Gianini, presidente della sezione ticinese dell’Associazione svizzera degli impiegati di banca. Un'erosione di impieghi data dalla situazione congiunturale generale (per esempio l’introduzione da parte della Banca nazionale di tassi di interesse negativi) e dalla progressiva perdita di capitali amministrati dagli istituti di credito (un esempio in questo senso è la voluntary disclosure del Governo Renzi che provocherà un rimpatrio di capitali dalla Svizzera all’Italia).
L'evoluzione del settore bancario in Ticino
La diminuzione dei posti di lavoro e le pressioni sui salari in questo contesto non sembrano però essere, per il momento, direttamente collegate all’abolizione da parte della Banca centrale della soglia di cambio minimo con l’euro, come invece si verifica, di questi tempi, nell’industria.
“Per ora, a livello Svizzero, solo la Julius Baer ha annunciato un piano di ristrutturazione giustificandolo con il franco forte. Una motivazione a nostro avviso pretestuosa”, prosegue Gianini, che sottolinea come l’apprezzamento del franco incida negativamente sul valore degli averi in portafoglio e sui ricavi delle commissioni della clientela internazionale, generati principalmente in dollari o euro. Una pressione sui margini di guadagno esercitata sulle banche (più protette dai rischi valutari) non paragonabile a quella esercitata sulle aziende rivolte all’esportazione, ma i banchieri ticinesi in questo frangente si dicono estremamente prudenti sulle prospettive economiche e occupazionali che riguardano i prossimi mesi.
Impiegati sotto stress
Secondo le statistiche cantonali, circa il 75% dell’impiego in Ticino è rappresentato da addetti al terziario in generale, ma solo una minima parte degli impiegati sottostà a contratti collettivi o normali di lavoro. L’abolizione del cambio minimo non fa dunque dormire sonni tranquilli ai lavoratori del comparto. In una recente presa di posizione, la Società impiegati di commercio si dice preoccupata per le conseguenze che la decisione della BNS potrà avere sui salari nel settore dei servizi, dove il prezzo è più fortemente dipendente dal costo della manodopera.
Addetti al terziario in Ticino
Il problema, ci spiega
Meinrado Robbiani dell’
OCST, è che il settore è fatto di piccole aziende che non hanno contatti coi sindacati: “Qui è più difficile capire cosa sta avvenendo su salari e posti di lavoro. Contraccolpi ce ne sono già stati e ce ne saranno: penso soprattutto alle aziende provenienti da oltre confine dove ho il timore che il rischio valutario si sia già trasferito sul personale, ma la dinamica per ora è sommersa”.
Ludovico Camposampiero
Dal Quotidiano
Il dossier
Centinaia d'impieghi a rischio