Domenica in scena

Il treno rosso

di Guido Piccoli

  • 01.10.2017, 19:30
L'arrivo di Lenin alla "Stazione Finlandia" di San Pietroburgo il 13 aprile 1917

L'arrivo di Lenin alla "Stazione Finlandia" di San Pietroburgo il 13 aprile 1917

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DOMENICA IN SCENA
Da domenica 1. a domenica 08 ottobre 2017 alle 17:30

Regia di Guido Piccoli
Con: Mario Cei (Lenin), Adele Pellegatta, Massimiliano Zampetti, Matteo Carassini, Claudio Moneta, Jasmine Laureti, Mirko d’Urso, Enrico Bertorelli, Davide Casarin
Presa del suono, editing e sonorizzazione: Thomas Chiesa
Produzione: Francesca Giorzi
(nuova produzione RSI 2017)

Il treno rosso

Forse qualcuno di voi alla fine di agosto l’ha perso. Per questo domenica in scena fa ripartire il treno rosso verso la Rivoluzione… Questa volta ad inizio ottobre!

Che piaccia o no è stato uno dei Grandi della storia. Eppure, fino a pochi mesi prima di cambiare il mondo, viveva quasi in miseria con la fedele moglie Nadežda sulla Spiegelgasse nel quartiere di Niederdorf a Zurigo. In un modesto appartamento a cinquanta metri dal Cabaret Voltaire, la culla del dadaismo, dove tutte le notti si discuteva, si cantava e si recitavano poesie, proprio mentre Lui, Vladimir Ilic Ulianov detto Lenin, per tirare avanti era costretto a tradurre noiosissimi libri su derivate e integrali e simili bagattelle.

Mentre nella sua lontana Russia scoppiava la rivoluzione, lui viveva la Svizzera, dove aveva già trascorso quasi cinque anni d’esilio, come una vera prigione. Tutti i paesi che la circondavano, allora nel pieno della prima guerra mondiale, gli erano carcerieri: la Germania, in quanto nazione nemica di quella che era comunque la sua patria, e i suoi alleati europei, comprese la Francia e l’Italia, perché temevano a ragione i suoi propositi rivoluzionari.

Fu al termine del rigido inverno del 1917 che al Kaiser Guglielmo II° venne un’idea a dir poco singolare, se non sensazionale, per mettere ancora più in difficoltà il nemico del fronte orientale, la Russia: quella di offrire a Lenin una montagna di marchi per finanziare la sua rivoluzione e soprattutto un treno blindato che lo trasportasse da Zurigo fino al Baltico e da lì, attraverso la Svezia e la Finlandia (non coinvolte nel conflitto) fino a Pietroburgo. E Lenin, pur consapevole di tutti i rischi dell’offerta, accettò. “Il treno rosso” racconta questo frammento della storia contemporanea, così importante se non decisivo per le sorti del mondo, perché fu anche grazie a quel viaggio (e forse anche a quei soldi) che Lenin fece quella rivoluzione che, tra l’altro, portò alla firma della pace con la Germania, anche se non riuscì a salvarla dalla sconfitta.

Un frammento di storia abbastanza controverso e comunque poco noto e indagato, da molti quasi rimosso. E a ragione perché, di fatto, fu un esempio e un tributo del pragmatismo, di una politica basata più su scelte concrete che su principi universali o etici. D’altronde, che avrebbe dovuto fare Lenin? Continuare a vegetare a Zurigo, immalinconirsi o al massimo continuare, tra una traduzione e l’altra, a scrivere di rivoluzione, standosene lontano, senza mai viverla? Anche perché, diciamocela tutta, rigido com’era, nei fiumi d’alcol e fumi di tabacco, oltre che di poesie del Cabaret Voltaire, proprio non ce lo riusciamo ad immaginare.

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