LASER
Mercoledì 16 agosto 2017 alle 09:00
Replica alle 22:35
Un audio documentario di Marzia Coronati e Giulia Nucci
Con le voci di Eraldo Minetti, Paolo Rossi, Enrico Piccardo, Massimo Filippi, gli abitanti e le abitanti delle valli tra Mele e Masone
Con le musiche di Dario Coletta e Gabriele Lungarella
Ci troviamo tra le montagne liguri alle spalle di Genova. Qui sino a dieci anni fa esisteva un allevamento di 66 mucche, realizzato grazie a finanziamenti europei e gestito impropriamente da un insolito imprenditore agricolo.
Nel settembre del 2010, a seguito di numerose denunce, la magistratura ordina il sequestro e le vacche sono trasferite in un altro allevamento. Nel corso dell’operazione però sette tra mucche e tori scappano e si disperdono nel bosco. Nel giro di pochi mesi le fuggitive si adattano alla vita selvatica, trascorrendo le giornate sulle montagne e facendo visita, di tanto in tanto, agli abitanti della zona, in cerca di acqua e cibo.
Nel corso dei mesi la vista di questi animali, ora inselvatichiti, spaventa e inorridisce le persone che abitano quei luoghi. I primi danni cominciano a manifestarsi: campi di cavoli calpestati, recinti divelti, specchietti delle macchine piegati. Il disagio è sempre più diffuso, le proteste e le segnalazioni si moltiplicano, una decina di famiglie si unisce e porta avanti una denuncia supportata da un avvocato.
È il 7 maggio 2012 quando il magistrato decide di intervenire emanando un decreto di eliminazione. A distanza di cinque anni però le mucche continuano a godere della loro libertà. Gli abbattimenti si sono rivelati complicati: i tori hanno acquisito vigore e sono refrattari anche ai più potenti sedativi, mentre le mucche hanno ormai un’agilità pari a quella dei caprioli.
L’audio documentario raccoglie le voci degli abitanti di Mele e Masone, delle istituzioni, della polizia provinciale e di chi in questi anni si è occupato di questo caso, per poi concludersi con le parole di un neurologo, Massimo Filippi. Da sempre attento al rapporto tra gli uomini e gli animali, Filippi ribalta il ragionamento e apre nuove finestre di riflessione: “Spesso non vediamo che esiste una violenza enorme, istituzionalizzata, mentre ci concentriamo su aspetti minori. Se vogliamo uscire dal degrado globale in cui ci troviamo, dobbiamo provare a ricostruire una nuova architettura sociale. È necessario realizzare un passaggio di frontiere”.
Immagine di Vittorio Giacopini