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Martedì 03 ottobre 2017 alle 09:00
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L’ottobre che cambiò il mondo (di Romano Giuffrida)
Laser 03.10.2017, 11:00
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È trascorso un secolo da quando le cannonate dell’incrociatore “Aurora” diedero inizio non solo alla Rivoluzione Sovietica, ma a quel processo di trasformazione sociale e culturale che, secondo molti storici, determinò in maniera irreversibile la storia del Novecento.
Quando a Mosca, nel 1991, fu ammainata la bandiera rossa dell’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche ci fu chi scrisse e parlò di “fine della Storia”: probabilmente chi lo fece inciampò in un errore interpretativo. Ciò che finiva era l’esperienza statuale del progetto comunista (sulla cui fine i ricercatori continuano ancora oggi a vagliare le mille cause che, dopo poco più di settant’anni, portarono al crollo dell’esperienza sovietica), ma di certo non finiva quello che, parafrasando Pasolini, potremmo chiamare “il sogno di una cosa”. Quell’orizzonte ideale che dall’ottobre del 1917 si è irradiato nel mondo intero, indipendentemente dalle esperienze umane e politiche che, anche in modo drammatico, hanno caratterizzato la storia dell’Unione sovietica, non si è certo esaurito con la fine di un regime.
A parte gli anziani comunisti nostalgici, anche molti giovani infatti guardano ancora all’ottobre rosso come a una data del passato che vorrebbero legata alla prospettiva di un futuro. Come mai? Cosa ha significato veramente la rivoluzione russa? Romano Giuffrida, partendo da Cavriago piccola cittadina in provincia di Reggio Emilia e famosa sia per ospitare un busto in bronzo del “padre” della rivoluzione sovietica Lenin in una piazza a lui dedicata, sia per avere la cittadina stessa un legame diretto con la storia di quella Rivoluzione, lo ha domandato a Giorgio Riolo ricercatore storico e autore di diversi saggi sul marxismo e a Gian Piero Piretto, docente di cultura russa e metodologia della cultura visuale all’Università.