Davanti a cosa mettiamo il cancelletto oggi?
La prima parola, ahinoi, è Palmira.
Quello che si temeva dopo la presa di Palmira da parte dei guerriglieri dello Stato Islamico, avvenuta lo scorso maggio, è avvenuto: ci riferiamo alla distruzione di monumenti archeologici, esattamente come accaduto in Iraq. Decine di tonnellate di esplosivo hanno raso al suolo due degli edifici più importanti del sito siriano, antica oasi per le carovane in viaggio tra Oriente e Mediterraneo, soprannominata la Sposa del deserto.
L’internazionale ha pubblicato oggi le immagini satellitari che confermano purtroppo l’avvenuta distruzione di due templi di duemila anni d’età: quelli di Bel e di Baal Shamin.
Le Nazioni Unite hanno già parlato di crimini contro l’umanità. Ovviamente nella scala della gravità dei delitti commessi dall’Isis la distruzione delle testimonianze archeologiche viene in secondo piano rispetto alle esecuzioni di massa di persone, di esseri umani, ma tutto rientra in una più ampia logica – se così la vogliamo chiamare – di azzeramento, di annichilimento dell’umanità. In una situazione del genere, nessun discorso sulle religioni ha più senso.
Alaska: il passato rivive (almeno nei nomi)
Far risorgere una cultura, almeno nei toponimi. È ciò che ha fatto il presidente USA Barack Obama, che ha “restituito” l’antico nome al McKinley, in Alaska, il monte più alto del Nord America con i suoi 6168 m d’altezza, battezzato dai nativi americani Denali, nome poi cambiato nel 1917. Una mossa che mira a togliere un po’ di ruggini dai rapporti tra nativi e americani avvenuta nei giorni della conferenza sull’Artico di Anchorage, in cui Obama ha riconosciuto le responsabilità del suo paese nel riscaldamento climatico, esortando gli Stati Uniti a dare il loro contributo in quella che ha definito “sfida del secolo”.
Nomi che ritornano, bandiere che cambiano
La Nuova Zelanda potrebbe cambiare bandiera, e lo deciderà attraverso un metodo che in Svizzera conosciamo molto bene, ovvero il referendum. Toccherà ai cittadini del paese dell’Oceania decidere se e come cambiare il loro vessillo nazionale. Tra novembre e dicembre sceglieranno la nuova alternativa fra quattro bandiere, selezionate tra le oltre diecimila proposte pervenute; poi, a marzo 2016, sceglieranno se cambiare la bandiera. Le alternative le potete vedere qui: tra felci e simboli maori, risalta l’assenza dello Union Jack, la bandiera britannica.