Il 18 settembre 2015 negli Stati Uniti scoppia quello che poi sarebbe diventato il “dieselgate”: lo scandalo sulle emissioni truccate dei motori a gasolio di alcuni veicoli Volkswagen. La vicenda getta nell’ombra il primo costruttore tedesco, portabandiera di un’industria il cui successo poggia da sempre su una solida immagina di affidabilità. Il CEO del gruppo è costretto alle dimissioni, Volkswagen deve accantonare miliardi in previsione delle multe future e finisce nelle cifre rosse.
A un anno di distanza il gruppo di Wolfsburg e l’amministrazione americana hanno raggiunto un accordo: per riparare i torti saranno versati 14,7 miliardi di dollari. Ma le vere conseguenze di questa vicenda non possono ancora essere misurate. L’immagine e la solidità del primo costruttore tedesco sembrano aver resistito; ma è davvero così? E poi, che ne è degli interventi sui veicoli fuori norma distribuiti nei vari paesi e in particolare in Svizzera? Quanto ci vorrà per rimetterli a norma? E che ne è della tecnologia diesel? In Germania le vendite sono in flessione, altrove restano buone, ma alcuni esperti l’hanno oramai già sistemata su un binario morto.
Ne discutiamo a Modem, con:
Oliviero Milani, ingegnere, direttore Amag Ticino;
Gian Luca Pellegrini, direttore della rivista Quattroruote.
Bruno Storni, ingegnere elettronico, granconsigliere PS e membro del comitato centrale dell’ATA, l’Associazione Traffico Ambiente;
In registrato gli interventi di:
François Launaz, presidente di Auto Svizzera e dell'USTRA, l’Ufficio federale delle strade.
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