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«Sì, la Chiesa ha un problema con le donne»

L’arcivescovo di Algeri su “Donne Chiesa Mondo” non fa sconti e auspica il diaconato femminile

  • 7 marzo, 07:58
  • 17 marzo, 10:40
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Di: Paolo Rodari 

«Sì, la Chiesa ha da secoli un problema con le donne». A dirlo, andando dritto al punto senza giri di parole, è l’arcivescovo di Algeri, il franco-algerino Jean-Paul Vesco. Sessantuno anni, espone il suo pensiero sulle donne direttamente dal pulpito più prestigioso, ovvero sul mensile “Donna Chiesa Mondo” de L’Osservatore Romano.

Vesco, che ha riflettuto a lungo sulla nozione di fratellanza e di alterità facendola diventare uno dei frutti della sua esperienza in Algeria e della sua appartenenza all’ordine domenicano, ammette in una intervista che sì, il problema esiste. Il suo pensiero arriva dopo che anche altri esponenti delle gerarchie hanno parlato del problema chiedendo, ad esempio, che le donne assumano ruoli di comando nelle diocesi per prevenire i crimini degli abusi sessuali commessi da sacerdoti su minori. Dice Vesco: «La formulazione della domanda è un po’ provocatoria - dice, ma sì, la Chiesa ha da secoli un problema con le donne, come in generale gli altri due monoteismi e forse la maggior parte delle religioni. Ma non vale come scusa; sarebbe stato così bello e legittimo se fosse stato diverso per il cristianesimo fin dalle origini!».

Vesco ammette che, «tranne qualche felice eccezione recente, le donne sono assenti dal governo e dal commento della Parola di Dio durante la celebrazione domenicale, mentre altrove sono presenti ovunque». E ancora: «Sono la “carne” delle parrocchie, e spesso l’anima di quelle chiese domestiche che sono le famiglie, e sono sempre loro, il più delle volte, ad occuparsi del catechismo». Ma se «nella nostra rappresentazione, la Chiesa è per definizione atemporale, una Chiesa patriarcale al di fuori delle correnti, delle mode e degli oltraggi del tempo», in assenza «di un maggiore coinvolgimento delle donne in ruoli di responsabilità e di visibilità», essa «paradossalmente corre il rischio di diventare una Chiesa obsoleta, non atemporale ma anacronistica e superata nella sua organizzazione». «La Chiesa cattolica, ossia universale, se non è del mondo - continua -, è comunque inscritta nel mondo e non può rifugiarsi in una logica di nicchia auto referenziata rispetto al mondo. La questione delle responsabilità dei laici, e quindi anche delle donne, è stata ampiamente sollevata durante le consultazioni che hanno preceduto il sinodo: oggi il problema salta agli occhi. La guerra dei chierichetti, che vorrebbe che ci fossero solo ragazzi attorno all’altare, come avviene in alcuni luoghi, non è più pensabile. Nei dicasteri del Vaticano, dove le donne cominciano a essere più numerose che in passato, e dove occupano posti di maggiore responsabilità, il clima è completamente diverso. Bastano poche donne perché la Curia non sia più quel ristretto gruppo clericale purtroppo così facilmente stigmatizzabile».

Per Vesco la «Chiesa deve diventare molto meno clericale: è una sfida per la Chiesa universale a ogni livello e in ogni luogo». E ancora: «Questa sfida non è esente da una rivendicazione di potere, con tutto ciò che di spiacevole può comportare. Ma rimproverare all’altro di volere prendere un potere significa spesso esercitare quel potere senza necessariamente esserne consapevoli. È il motivo per cui ho difficoltà a liquidare le rivendicazioni delle donne nella Chiesa con un: “perché vogliono il potere?”».

Con molta sincerità Vesco dice di auspicare il diaconato femminile: «A titolo personale – afferma –, lo auspico vivamente! Mi sembra impossibile privare i fedeli, e quindi anche me stesso, della ricezione femminile della Parola di Dio. Nessuno degli argomenti addotti mi ha mai convinto. Quindi sì, mi piacerebbe che la questione del diaconato femminile avanzasse o che almeno si compisse un passo in più verso l’autorizzazione per le donne e, più in generale, per i laici formati, a commentare la Parola di Dio nell’ambito della celebrazione domenicale. A differenza del ministero presbiterale, il diaconato femminile ha radici nella tradizione della Chiesa e fatico a capire le obiezioni che possono essere sollevate, tranne che riservare il presbiterio, ossia l’esercizio del sacro, al maschile. Su questa questione dei ministeri, come su quella del governo, l’orizzonte si svela e si allarga camminando. Ciò che sembrava impensabile ieri può così facilmente diventare un dato di fatto domani. Una presenza esclusivamente maschile nel presbiterio, le grandi processioni d’ingresso esclusivamente maschili, tutto ciò oggi ci appare naturale. Sarà sempre così o un giorno ci sembrerà troppo anacronistico? Il solo fatto di porsi la domanda suscita già un cambiamento di prospettiva...».

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