Tornare ai borghi per rinascere. Per esercitare al meglio ciò che rende esseri umani, ovvero la riflessione e il pensiero. È la tesi contenuta in “Paesofia. Filosofia e viaggi nei piccoli paesi” (La scuola di Pitagora editrice), un libro di Gianluca Galotta, originario di Rivisondoli (Abruzzo), scrittore e docente di Filosofia e Storia a Roma.
Galotta ha uno stile di scrittura agile e insieme semplice, pulito come è spesso la vita nei borghi che fra le righe ripercorre. Leggerlo è entrare in questo mondo reale, vicino eppure troppo spesso dimenticato. La sua “paesofia” è divenuta in Italia una voce della Treccani, uno dei Neologismi 2025. Anche se, è indubitabile, sono proprio questi borghi a vivere oggi un’“anemia” che sembra inesorabile, uno spopolamento sempre più progressivo.
“Oggettivamente i piccoli paesi soffrono di un marcato spopolamento: negli anni, progressivamente, tante porte si sono chiuse e molte finestre sono rimaste buie. Lungi da me apprezzare tale fenomeno che anzi andrebbe contrastato con vigore con scelte politiche appropriate a livello nazionale e locale. Purtroppo, con una logica puramente economicista, si continuano a tagliare servizi sociali e sanitari in questi contesti e ciò incentiva ulteriormente lo spopolamento. Quindi lo spopolamento è un dato di fatto. In attesa che, come spero, si possa invertire la tendenza, possiamo intanto ribaltare la prospettiva. Cosa ha portato lo spopolamento? Silenzio e buio. Ebbene entrambi questi elementi sono merce rara, dunque preziosa, nel mondo iperconnesso, luccicante e chiassoso in cui siamo immersi soprattutto in città. Il silenzio, per esempio, è fondamentale per esercitare al meglio ciò che ci rende esseri umani: la riflessione su noi stessi e su ciò che ci circonda. Nell’assenza di frastuono, non solo acustico, possiamo ricentrarci su noi stessi, riconnetterci con la nostra interiorità e fare spazio alla riflessione e alla spiritualità. Tra l’altro il silenzio è un qualcosa di immateriale che, in un mondo come quello attuale tutto fondato sulla mercificazione e sul consumismo, non si può comparare come una merce. È questo lo rende ancora più prezioso. Nei piccoli paesi il silenzio domina sul frastuono. Quindi rechiamoci nei borghi per nutrire la nostra anima attraverso ‘l’oro’ del silenzio”.
Paesofia è “coniugare l’essenza dei piccoli paesi con la filosofia mostrando che nei piccoli borghi c’è quel terreno fertile per far sbocciare alcune teorie filosofiche di importanti pensatori”. Può spiegare meglio?
“La filosofia, dunque la riflessione profonda e razionale su noi stessi e su tutto ciò che ci circonda, ha bisogno di quiete, ritmi lenti, assenza di distrazioni fuorvianti e di interferenze di ogni tipo. Nel mio libro dimostro come le teorie di grandi filosofi da Platone fino a Nietzsche possano trovare il loro terreno più fertile proprio nei piccoli paesi. Faccio brevemente alcuni esempi. Prendiamo Agostino il quale sostiene che la verità consiste nel rientrare in noi stessi e farsi illuminare da Dio. Ciò è più facile nei piccoli paesi che nelle città perché nei borghi non siamo sottoposti a tanti stimoli acustici, commerciali, consumisti ecc. E questo ci permette di guardarci dentro più facilmente poiché siamo meno distratti da stimoli esterni. Quanto a Dio e alla spiritualità mi piace citare a questo proposito Umberto Eco: “Non si può trovare Dio nel rumore; Dio si palesa solo nel silenzio”. Ed è ovvio che è nei piccoli paesi che domina la dimensione del silenzio. Altro esempio: prendiamo Schopenhauer il quale sostiene che il continuo sorgere di desideri è per noi fonte di infelicità. Per questo importante filosofo la felicità consiste proprio nell’eliminazione dei desideri. In tal senso è chiaro che nei piccoli paesi c’è un contesto che ci agevola nella limitazione dei nostri desideri poiché abbiamo meno stimoli, ad esempio consumisti, che ci facciano sorgere continui desideri da realizzare”.
Kafka ha scritto un piccolo racconto, “Ritorno a casa”. Vi si trova una certa nostalgia dell’infanzia, un mondo che non c’è più, anche se nell’autore praghese prevale una certa disillusione. Tornare è allora riprendersi qualcosa che sembra perso per sempre.
“Io stesso pur vivendo in città torno molto spesso a Rivisondoli, un piccolo paese abruzzese. Frequento questo borgo per ragioni familiari praticamente da quando sono nato. Quando ci torno riesco a ritrovare tranquillità, serenità e a riconnettermi maggiormente con me stesso e su ciò che conta davvero nella vita a partire dall’affetto di persone a me molto care, come i miei nonni, che non ci sono più. Nel silenzio che questo paese regala sento ancora la loro presenza e il loro affetto. Inoltre i mei genitori sono entrambi originari di piccoli paesi: Rivisondoli per l’appunto e Pietragalla che invece si trova in Basilicata. Nella società liquida, magistralmente descritta da Bauman, in cui viviamo è fondamentale riscoprire le nostre radici, aggrapparci a un’identità che dobbiamo costruirci. Tornare a Rivisondoli e a Pietragalla per me vuol dire questo: riconnettermi con le mie radici e a partire da esse costruire la mia identità. Invito tutte le persone che come me, pur se nate in città, hanno i piccoli paesi come elementi centrali della loro storia familiare a fare questo percorso. Anche nella società liquida in cui le identità sembrano sfumare possiamo ricostruirle per poi farle dialogare tra loro”.
Nei piccoli borghi qualcuno è anche rimasto, non se ne è mai andato. Spesso però senza soddisfazione né, almeno apparentemente, crescita personale. E invece chi è partito a volte sogna di tornare. Come si conciliano le sue cose?
“In chi non se ne è mai andato non di rado prevale un senso di sfiducia e di rassegnazione. Tra l’altro ci sono persone che pur essendo rimaste se ne sono andate ugualmente poiché sono completamente disinteressate alle tradizioni, agli aspetti sociali, culturali e antropologici del paese che fisicamente vivono. Tradizioni che vanno progressivamente scomparendo nel disinteresse anche dei giovani. È questo che mi fa più male: vedere dei giovani che non hanno l’entusiasmo per tenere vive tradizioni che invece per i loro nonni erano fondamentali e identitarie. Chi è andato via, invece, spesso vive una forte nostalgia del paese e dunque può sviluppare, tornando nel piccolo paese stabilmente o per alcuni periodi, un’energia e una motivazione per riscoprire queste tradizioni e riviverle. Abbiamo bisogno di un’alleanza tra chi è rimasto e chi è andato via ma torna. Chi è rimasto deve essere un attento custode dei piccoli paesi, chi è andato via e torna deve contagiare questi meritori custodi con entusiasmo, energie positive e idee innovative per ridare slancio a vecchie tradizioni che possono essere riviste e attualizzate ma mai abbandonate. In ogni caso dobbiamo ringraziare coloro che sono rimasti a presidiare questi borghi e il loro territorio nonostante una vita spesso difficile alla luce della sempre più marcata insufficienza di servizi importanti dalla sanità ai trasporti”.
I piccoli borghi sono anche il luogo in cui superare quello stesso nichilismo oltre il quale Nietzsche per primo invita ad andare. È così?
Certamente. Nietzsche sostiene che con il nichilismo vengono meno i valori supremi e inscalfibili come Dio, la verità e il bene. E allora Nietzsche ci invita, per superare il nichilismo e il vuoto di certezze che ne deriva, a dare noi stessi un senso alle cose laddove in passato questo era già dato dai valori supremi. Però per fare questo, per dare il mio senso alle cose, secondo me, è necessario prendere contatto con noi stessi, con la nostra personale interiorità più profonda e autentica. Per fare tutto ciò, quale luogo migliore che un piccolo paese dove dominano silenzio, quiete e ritmi lenti?
Lei è originario di un piccolo paese abruzzese. Cosa trova quando vi torna?
“A Rivisondoli trovo silenzio, tranquillità, contatto stretto con la natura e la bellezza del Creato, semplicità, ricordi e affetti indelebili che si attualizzano e appaiono, anche se non ci sono più, vivi e quasi eterni. Tutti elementi che mi permettono di placare le spinte consumiste e l’accelerazione del tempo tipici della nostra società. Trovo inoltre la possibilità di pormi grandi interrogativi interiori poiché nei piccoli paesi il contatto con la natura e la bellezza del Creato è più immediato. I borghi sono immersi nella natura, circondati da boschi e campagna. Nelle città inoltre l’inquinamento luminoso non ci permette di osservare la meraviglia del cielo stellato mentre nel territorio dei piccoli paesi il buio non manca e quindi ciò che è assenza di luce ci permette di riempire la nostra anima con la meravigliosa ammirazione del cielo stellato. Come per il silenzio lo stesso vale per il buio. Iniziamo a ribaltare la prospettiva e a concepirli entrambi non come elementi in cui manca qualcosa, il suono e la luce, ma come elementi che hanno qualcosa di importante: il potere di farci riconnettere a noi stessi, alla meraviglia del Creato e a Dio. Analoghe riflessioni e sentimenti provo quando torno, seppur non così di frequente come a Rivisondoli, a Pietragalla, un piccolo paese lucano in cui è nato e cresciuto mio padre”.
Vallemaggia, quale ricostruzione?
Falò 04.02.2025, 20:45