Siamo così pieni di noi stessi, del nostro Io, da voler tenere tutto sotto controllo, al punto di non giustificare neanche una perdita. Perdere non è contemplato, nel senso più ampio del termine. Il nostro ego smisurato ci impedisce di prendere in considerazione la nostra debolezza, le nostre fragilità. È questo il contesto in cui nasce ogni forma di soppressione: da quella più semplice che, per esempio, ci impedisce di pronunciare definitivi verbi di perdita come “morire”, preferendo coniugare i più rassicuranti “andare” e “scomparire”; a quella più esasperata che conduce all’annientamento fisico (pestaggio, violenza domestica) o sociale (maldicenza, bullismo) di chi ha messo in evidenza una falla nella nostra intangibile personalità.
La cosa curiosa è che questo meccanismo giunge a sopprimere anche quelle “voci di dentro”, assolutamente libere dal nostro ego, che chiamiamo sogni. Spesso è perché non li ricordiamo, altre volte è perché, nonostante il sogno si sia impresso nella memoria, riteniamo, nella nostra, tutta moderna, vanità raziocinante, di non doverne considerare i significati, più o meno reconditi, come segnali d’allarme o consigli per la nostra vita.
L’interpretazione dei sogni
Speciali 30.07.2015, 01:33
Contenuto audio
Eppure la facoltà di sognare è parte integrante ed elemento distintivo della nostra umanità. Non si può essere umani senza sognare. E per quel che sappiamo dagli usi più antichi a noi pervenuti, l’uomo ha sempre pensato che i sogni fossero necessari per la propria vita, cogliendone il valore profetico e valorizzandone una certa capacità interpretativa della realtà quotidiana. I testi sacri delle varie religioni sono lì a dimostralo: i sogni appartengono all’uomo, ma non sono semplicemente il frutto delle sue capacità intellettive, possono infatti essere un tramite con una realtà altra, non altrimenti raggiungibile, sia essa nei cieli o nella profondità del nostro cuore. Il Talmud esprime questo concetto in maniera illuminante: «Un sogno non interpretato è come una lettera indirizzata a te e mai aperta».
La psicanalisi freudiana e l’analisi junghiana hanno ridato valore, valenza filosofica e in qualche modo “scientifica” nella nostra contemporaneità a quello che la cultura popolare ha sempre saputo. E la letteratura, che ne è l’espressione più alta, ha sempre attinto al mondo dei sogni e alla sua capacità di fornire letture concrete della realtà. Senza scomodare il Timeo e il Simposio di Platone o i grandi sogni biblici che così tanto hanno influito sulla cultura occidentale, pensiamo, per restare nell’antichità, a quell’aquila che piomba sulle oche facendone strage, che nel sogno omerico di Penelope diventa presagio del ritorno di Ulisse e della sua volontà di passare per le armi i Proci usurpatori. I grandi romanzi medievali, da Tristano e Isotta a Lancillotto del lago sono intessuti di sogni,capaci di interpretare e guidare le vicende dei personaggi. Lo stesso Dante costruisce la sua poesia, a partire dalla Vita nova, sulla valenza del sogno nell’esistenza umana. Più avanti nel tempo Shakespeare, nella Tempesta, fa dire a Prospero: «Noi siamo della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni e la nostra breve vita è circondata da un sonno». Qualche anno dopo, in piena epoca barocca, in La vita è sogno, Calderón de la Barca assimila la caducità e l’inganno dell’esistenza all’impalpabilità del mondo onirico. Un mondo che nella Ballata del vecchio marinaio di Coleridge torna ad assumere una valenza essenziale nel dialogo fra l’uomo e il divino. Così, nel Sogno di un uomo ridicolo di Dostoevskij il protagonista, aspirante suicida, riesce a ritrovare i desiderio e il senso della vita in seguito a un’esperienza onirica in un mondo futuro e paradisiaco. E proprio a inizio ‘800, nel momento in cui prende forza lo scientismo esasperato che caratterizza la nostra epoca, è paradossale constatare che il romanzo best seller che più di tutti anticipa e caratterizza la moderna visione sull’uomo e l’attuale transumanesimo tecnologico, Frankestein, il moderno Prometeo, nasca da un sogno notturno della giovanissima autrice Mary Shelley, convita poi dal marito, il poeta Percy Bysshe Schelley, a sviluppare la sua visione onirica in un romanzo.
Ricordare i sogni, Gli ultimi studi sulla correlazione risveglio e sogni, 40 anni di “Desaparecido”
Fresco di Zona 10.03.2025, 13:00
Contenuto audio
Davvero, quindi non si può parlare di umanità senza evidenziare il ruolo essenziale che in essa hanno i sogni. A questo proposito risulta interessante la lettura di un piccolo ed efficace libro della filosofa e psicoterapeuta francese Anne Dufourmantelle, docente alla New York University, morta nel 2017, a 53 anni, per salvare due bambini dall’annegamento. Si intitola L’intelligenza del sogno. Fantasmi, apparizioni, ispirazioni (Vita e Pensiero, pagine 121, euro 15), proprio a significare la potenza intellettiva del sogno, se liberamente esperito e adeguatamente utilizzato e interpretato. Perché sognare, spiega Dufourmantelle, introduce a una possibilità di lettura della vita che «supera di gran lunga le capacità del sognatore», giungendo alla conclusione che si debba «supporre che il sogno disponga di un’intelligenza suprema». Un’intelligenza che ci appartiene, ma con la caratteristica di lavorare al di fuori del tempo. Traduce, insomma, «il tempo in spazio», il tempo in immagini, riuscendo a mostrare ciò che per noi deve ancora accadere, in un processo creativo totalmente liberato dalle nostre sovrastrutture mentali e per questo da interpretare adeguatamente. Senza, però, la pretesa di comprenderlo nella sua totalità, perché ogni sogno ha un lato oscuro, spesso impossibile da penetrare.
Il sogno, spiega Dufourmantelle, è libertà capace di portare alla luce la profondità umana, la verità sull’uomo. Il sogno trascende l’uomo e allo stesso tempo, volendone fornire una lettura spirituale, è interprete della trascendenza che lo abita, dei desideri che sono alla radice di una vita chiamata a realizzarsi. Proprio in virtù di questa sua libertà ontologica il sogno agisce al di fuori di ogni costrizione, sia essa da attribuire al sognatore, al contesto in cui vive, alla società a cui appartiene. Per questo, come ci insegnano i testi sacri, è messaggero di rischi e interprete di opportunità che si vanno formando. È in quella stessa facoltà intellettiva del sogno che fonda la capacità creativa dell’uomo, la sua chiamata a migliorarsi e a desiderare di migliorare il mondo in cui vive. Per questo, sottolinea Dufourmantelle, è una modalità umana che va salvaguardata e coltivata per la nostra realizzazione di esseri liberi e pensanti.
L’analisi dell’autrice diventa stringente riguardo all’uso delle nuove tecnologie e degli algoritmi, che interferiscono con i nostri orizzonti di liberi sognatori, proponendoci in ogni momento nuovi desideri da realizzare e nuove immagini con cui viverli. Sostituendosi ai sogni, agendo sul nostro ego smisurato e narcisista, l’intelligenza artificiale non restringe semplicemente la nostra libertà, ma toglie ossigeno allo stesso pensiero di libertà. «Abbiamo dato alla tecnologia i mezzi per disporre dei nostri desideri, per regolare i nostri bisogni e anticipare le nostre visioni, ovvero le abbiamo dato i mezzi per pensarci. Come fare a riprendere il controllo?». E questo, per Dufourmantelle, più che un grido d’allarme è una certezza. Dobbiamo difendere per noi e per gli altri l’opportunità vitale di attingere all’intelligenza del sogno, col suo sempre nuovo appello al cambiamento e alla conversione, con le sue possibilità creative, che uniche possono mettere in campo «una sfida alla chiusura programmata degli orizzonti sconfinati».
Nuove ricerche sui sogni e un nuovo metodo di apprendimento e valutazione
Tra le righe 29.10.2024, 14:00
Contenuto audio