L’intervista

Mario Botta e la spiritualità 

Un incontro per approfondire la ricerca di senso attraverso il fare architettonico

  • 18 febbraio, 14:00
  • 18 febbraio, 16:25
51:18

Mario Botta e la spiritualità

Millevoci 12.02.2025, 10:05

  • Ti-Press
  • Michela Daghini
Di: Michela Daghini 

La sua opera attraversa i continenti, un viaggio nella progettazione degli spazi del vivere e dei luoghi di culto che prosegue da oltre 50 anni. Opere cilindriche ed ellittiche che si affiancano a impianti rettangolari, murature traforate, campane rovesciate e torri imponenti che si slanciano verso il cielo. Un maestro del linguaggio essenziale e della ricerca spirituale nell’architettura, anche attraverso la progettazione dei luoghi del sacro in tutto il mondo. Chiese, sinagoghe, moschee. L’ultimo manufatto è la Chiesa di San Rocco a Sambuceto, in Abruzzo, che incarna il bisogno umano di silenzio, meditazione e pace. In un’epoca segnata da conflitti e incertezze, lo spazio del raccoglimento assume per Mario Botta un ruolo ancora più significativo, diventando rifugio e simbolo di speranza. Un luogo dove il sacro si fa esperienza che va oltre la religione, incarnando un bisogno universale di quiete e di senso, un’espressione profonda universale della spiritualità contemporanea. Un bisogno, questo di apertura oltre il visibile, che si fa sempre più importante per il celebre Architetto.

Forse è anche un segno dei miei ottant’anni, in cui una serie di domande vengono a porsi in maniera urgente. La sfera della spiritualità tocca sempre corde sensibili che mi rinviano a una storia antica. È il ritorno a una memoria ancestrale, che ci lega a un territorio che conosciamo, e viene a narrare forme primitive, che ci riportano ai valori identitari sedimentati di cui l’architettura ha bisogno. Uno degli insegnamenti dei miei maestri, Louis Kahn è proprio che nello studio dell’architettura bisogna ritrovare il grande passato e viverlo come un amico. Qualcosa di fedele e profondamente personale che ci lega alla continua trasformazione del mondo.

La chiesa di San Rocco nasce per sostituire quella distrutta dal terremoto dell’Aquila nel 2009 e vuole rappresentare un segno di rinascita. Come nel 1986 quando la valanga che distrusse la piccola chiesa di San Giovanni a Mogno lasciò in seguito spazio a un atto di riparo dalla furia distruttrice della natura per una comunità traumatizzata dal lutto.

L’architettura è una forma espressiva dell’uomo, quindi come le altre arti, è inevitabile che si confronti con gli eventi della Storia. La costante è quella di essere un rifugio dell’uomo. Ma la costruzione porta valori, tendenze, rimandi alle altre espressioni umane facendosi forma del proprio tempo di vita e della propria storia.

Ci sono voluti 15 anni per portare a termine la costruzione a Sambuceto, anni segnati da avvenimenti di portata mondiale tra cui una pandemia e due guerre alle porte della vecchia Europa. Oltre ai mutamenti sociali che la prepotenza dei consumi ha introdotto.

Noi siamo la generazione che ha vissuto questa trasformazione radicale, siamo partiti nel boom economico che ha connotato l’età dei consumi e ci siamo trovati all’improvviso travolti da una serie di eventi che ha condizionato il nostro essere oggi. L’architettura deve fare i conti con il contemporaneo, e il modo di affrontare i problemi del vivere quotidiano si riflette nelle costruzioni, nell’organizzazione della città, nei vuoti lasciati dalle domande senza risposta.

La Chiesa di San Rocco si inserisce in un contesto urbanizzato, con una volumetria compatta, slanciata nella forma di una tenda verso il cielo, alta 30 metri,e con un’ampia apertura a croce visibile dal cielo da cui piove la luce nello spazio interno. Mi piace pensare che l’immagine iconica della luce si modifica 365 giorni all’anno, in eterno mutamento. Mario Botta ha voluto poi per l’intera superficie absidale, un cielo stellato che copre 450mq di parete riprendendo la lezione di Giotto.

È un firmamento che sale dall’altare, ricordando gli affreschi di chiese e cappelle medievali del Rinascimento e in particolare la Cappella degli Scrovegni a Padova. All’esterno della chiesa abbiamo immaginato una piazza allungata con alberi e sedute, realizzando l’idea di un luogo di aggregazione sociale oltre che religioso, integrando la funzione liturgica con quella comunitaria.

A quest’opera è stata dedicata una pubblicazione, Mario Botta. Il senso del sacro. Chiesa di San Rocco a Sambuceto, a cura di A. Coppa ( Ediz. italiana e inglese Moebius). È un libro d’arte di grandi dimensioni, con contributi autorevoli e un apparato fotografico che racconta la storia dell’opera. Pagine che testimoniano la tensione spirituale e la forza evocativa di uno spazio pensato per l’uomo e la sua ricerca dell’oltre.

Questo lungo incontro è l’occasione per toccare vari temi dell’architettura e della lezione di Botta, tra cui l’esperienza dell’Accademia di Architettura di Mendrisio che ha compiuto 25 anni, e il santuario di Nostra Signora del Rosario di Namyang in Korea del Sud, incastonato tra le colline in una piccola valle che diventa parte del luogo sacro. Una cattedrale pensata non solo per i fedeli e i credenti, ma anche come parco comunitario per i cittadini rivolto soprattutto ai ragazzi. E grazie alla straordinaria acustica del progetto, ospiterà soprattutto concerti accogliendo fino a 2000 persone. Uno spazio interessante e di grande successo che spero presto di poter andare a inaugurare!

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