RELIGIONE

Valdesi, 850 anni di storia (e resistenza)

Fulvio Ferrario, “la persecuzione della Chiesa cattolica fu il motore della loro espansione”

  • 17 gennaio, 08:00
  • 17 gennaio, 09:51
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Valdesi, 850 anni

Luisa Nitti 17.01.2024, 09:14

Di: Luisa Nitti/Red. 

Una piccola chiesa protestante le cui radici risalgono a 850 anni fa. Un movimento tenace e resistente malgrado le persecuzioni, e che aderirà nel 1532 alla Riforma protestante. La Chiesa valdese commemora quest’anno, con molte iniziative in Italia, gli 850 anni dalla nascita del movimento a opera del mercante Valdo da Lione. Fu intorno al 1174 che Valdo, ispirato dalla parola biblica, decise di spogliarsi di tutti i suoi beni per iniziare a predicare nella lingua del popolo.

La decisione fu indigesta per la Chiesa cattolica. Che un laico pretendesse di predicare e che insieme a lui crescesse una comunità, i cosiddetti poveri di Lione, composta anche da donne autorizzate a predicare, era cosa inaccettabile. Tanto che l’opposizione della stessa Chiesa fu decisa e arrivò fino alla scomunica di tutto il movimento valdese. “Tempo dello Spirito”, programma evangelico di spiritualità, ne ha parlato con Fulvio Ferrario, docente di Teologia sistematica alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma.

Ferrario, “Seguono Nudi il Cristo nudo” è una nota affermazione riferita ai valdesi delle origini. Che cosa dice questa descrizione a proposito del loro modo di presentarsi al mondo? In che modo i valdesi intesero la povertà?

“C’è un chiaro riferimento a Cristo, alla povertà di Cristo e al tema dell’imitazione di Cristo, molto diffuso intanto nella tradizione cristiana in quanto tale, evidentemente, ma anche in molti movimenti pauperisti. Vengono chiamati così coloro che mettono al centro il tema della povertà. Il tutto più o meno nello stesso periodo di Francesco d’Assisi”.

Come potremmo spiegare oggi il modo di intendere la predicazione dei valdesi?

“La predicazione di per sé era la spiegazione di versetti biblici, spesso con un notevole accento di tipo etico, nel genere dell’esortazione penitenziale. La parola latina penitenza rimanda a ciò che il Nuovo Testamento chiama conversione. Questo orizzonte penitenziale, l’invito pressante al cambiamento di vita, erano parte integrante della spiritualità del tempo e, vorrei dire, di ogni tempo. Il punto scandaloso, probabilmente, era la predicazione dei laici e delle donne. Era quindi più una questione relativa al modo di intendere l’autorità e la gerarchia. C’era il problema di chi era autorizzato a predicare pubblicamente. La Chiesa cattolica voleva dare lei la patente. In secondo luogo, poi, c’era il fatto della predicazione delle donne, che comunque rappresentava un simbolo. Tuttora per l’80, il 100 per cento del cristianesimo mondiale, cioè per tutto il cristianesimo ortodosso, per tutto il cristianesimo cattolico romano, per tutto il cristianesimo evangelical e anche per una fetta del cristianesimo protestante che una volta si sarebbe detto mainstream, la predicazione delle donne è in qualche modo eversiva. È un mondo a rovescio, come direbbe qualcuno. E, dunque, certamente si è trattato di un punto di frizione estremamente vistoso”.

In che modo avveniva la diffusione della Bibbia?

“Attraverso la trasmissione orale fondamentalmente, cioè porzioni della Bibbia imparate a memoria, acquisite, interiorizzate. Il libro come oggetto era grosso, ingombrante e costosissimo. E quindi molto spesso la diffusione avveniva mediante brani isolati, che ne so, le beatitudini, i dieci comandamenti, il Padre Nostro, attraverso una scelta di salmi. Questi erano i testi che entravano a far parte del patrimonio mnemonico dei credenti, appunto attraverso una trasmissione fondamentalmente orale”.

Alle origini del movimento c’erano intenzioni scissioniste?

“Direttamente e subito no. I valdesi erano ortodossi. Viene tramandato il caso di quel valdese che viene criticato perché risponde affermativamente alla domanda: Tu credi nella Madonna? E lui dice, sì. E l’inquisitore dice: ma non si crede nella Madonna. Cioè, è stato criticato dall’Inquisizione perché troppo mariano. Ciò significa che la dottrina dei valdesi andava bene. Era piuttosto una questione che riguardava la prassi e l’obbedienza a Gesù, in particolare sul tema della povertà. E poi, in generale, riguardava tutto quell’orizzonte che a volte viene chiamato radicalismo evangelico: la questione del giuramento, la questione dell’uso della violenza o della forza in chiave difensiva. C’è sempre stato nel cristianesimo una corrente radicale che ha ritenuto sulla base delle affermazioni di Gesù, in particolare nel discorso della montagna, che il messaggio dello stesso Gesù non fosse compatibile con l’adeguamento dei membri della Chiesa all’esercizio del potere. Il movimento valdese primitivo si collocava in questa area molto diffusa. Anche il movimento francescano ha avuto da dire su questo, e poi più tardi ha avuto delle tendenze che sono state perseguitate anche sanguinosamente”.

Lo snodo del 1532 è fondamentale. I valdesi aderiscono alla Riforma protestante europea. Come possiamo spiegare questa decisione e che cosa comportò?

“Gli studiosi ci dicono che si è trattato veramente di una svolta, di una svolta portata avanti in particolare da gruppi dirigenti non dico isolati, ma insomma. Fu un’iniziativa di avanguardia nella riforma protestante mitteleuropea, in particolare svizzera, in particolare della Svizzera francese, legata al nome di Guillaume Farel, che sarà anche colui che coinvolgerà Calvino nell’evento della riforma. I valdesi colsero in tutto ciò una grande chance per uscire da questa specie di clandestinità minoritaria ed entrare in un orizzonte di rinnovamento generale del cristianesimo. Questa era la visione: un rinnovamento generale del cristianesimo indipendentemente da Roma, identificata a torto o a ragione come la custode del vecchio paradigma. Per i valdesi è stata anche teologicamente, dal punto di vista dottrinale, una svolta importantissima”.

Quella dei valdesi non è soltanto una storia di resistenza. È anche una storia che parla di relazioni internazionali e capacità di diffusione. Che cosa ha significato per la minoranza valdese questa capacità di tessere relazioni esterne malgrado le lunghe e sanguinose persecuzioni?

“Forse è un po’ paradossale, ma la storia della persecuzione è stata proprio il grande motore. Nel XVII secolo, e nei secoli successivi, questa persecuzione è stata una delle cause delle relazioni esterne. Il mondo protestante europeo, infatti, in particolare l’Inghilterra, ma anche l’Olanda, alcuni cantoni della Svizzera e poi la Prussia, hanno visto nella Chiesa valdese una specie di resto di Israele che non ha piegato il ginocchio di fronte a Baal, nella terra di Baal. Lascio al genio di chi ascolta identificare chi sia l’idolo pagano…”.

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