È una nicchia ancora poco conosciuta quella dei vini naturali in Svizzera, ma sempre più ristoranti e locali iniziano a proporli in carta, e gli appassionati crescono. Ora, la domanda sorge spontanea: il vino, non è un prodotto naturale per definizione? Philippe Kämpf gastronomo e amante dei vini naturali, ci spiega come stanno le cose con l’aiuto di Luigi Degani, importatore di vini naturali in Svizzera e divulgatore insieme alla moglie Luisella.
Il processo di base di qualsiasi vino è lo stesso nei vari metodi di produzione - convenzionali, biologici, biodinamici e naturali (detti anche low intervention wines) - cambia, però, ciò che viene aggiunto o meno durante le fasi di produzione che vanno dai trattamenti in vigna, alla vinificazione in cantina, fino all’imbottigliamento.
Cos'è il “vino naturale”?
Attualmente non esiste una definizione ufficiale. Con “naturale” ci si riferisce a una serie di azioni che descrivono un modo di fare vino non solo in cantina, ma anche fuori. È dunque un termine convenzionale che non si lega a nessun disciplinare, ma ne esistono diversi, stabiliti da gruppi di coltivatori in vari paesi e che fungono da “autoregolamentazione” in base a limiti molto più rigorosi rispetto a quelli già imposti da normative che trattano la certificazione biologica o biodinamica.
Di certo possiamo dire che un vino naturale è un vino totalmente artigianale, prodotto in modo sostenibile e che, a differenza di quello convenzionale, limita fortemente gli interventi dell’uomo nel processo di lavorazione, facendo fare corso alla natura, mirando a trovare l’espressione massima del terroir in cui è prodotto. Ecco perché proviene solo da uve di proprietà del vignaiolo stesso che lo produce, coltivate secondo i dettami del biologico o dell’agricoltura biodinamica: nessun additivo in vigna e sostanze chimiche per consentire alla vite di esprimersi secondo natura e in purezza.
Per produrre vini naturali, infatti, si parte dai luoghi, si passa poi per la raccolta a mano delle uve e alla fermentazione spontanea con l’uso di lieviti indigeni, gli unici a conferire al vino una data tipicità, senza aggiunta di chimica, al fine di ottenere una vinificazione lunga, alla quale non segue la “classica” filtrazione e chiarifica, in modo da esaltare il gusto senza impoverire le proprietà nutrizionali della bevanda.
Per produrlo sono ammessi solo solfiti in quantità molto piccole e solo se necessari, con dosi massime ammesse di gran lunga più basse rispetto a quelle consentite per i vini convenzionali. Si ricorda, comunque, che i solfiti sono prodotti naturalmente nel vino durante la fase di fermentazione alcolica.
A proposito di gusto, quello del vino naturale è lontano dagli standard a cui siamo abituati: è un vino vivo, dal gusto vicino a quello del suo uvaggio, spesso più invadente al naso rispetto ai convenzionali, ma di certo autentico e, appunto, naturale.
Secondo questa filosofia non c’è alcuna intenzione di alterare il gusto.
Alla base del vino naturale ci sono le uve che devono essere il più sane possibile; ecco perché, già in vigna, è necessario puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità.
Luigi Degani,, importatore di vini naturali e divulgatore
Luigi Degani, importatore di vini naturali in Svizzera e divulgatore, sottolinea chiaramente un principio quando si parla di questi vini: «Per fare vino naturale bisogna favorire la qualità alla quantità. Alla base ci sono le uve che devono essere il più sane possibile, se le uve risultano di minor qualità, sarà necessario ricorrere a quantitativi maggiori di solforosa, ecco perché, già in vigna, è necessario puntare sulla qualità piuttosto che sulla quantità. In queste condizioni, infatti, la quantità di uva per pianta è limitata anche solo a mezzo chilo.»
Il vino biologico non è un vino “naturale”: etichette e marchi
Spesso, quando si parla di vini naturali, viene automatico un parallelismo tra biologico e naturale, soprattutto se si guardano le etichette delle bottiglie in questione, che riportano la classica fogliolina verde logo biologico europeo. Ok, il vino naturale è biologico per definizione se si pensa al lavoro in vigna, ma non tutti i vini biologici sono naturali: durante il processo in cantina, infatti, la certificazione biologica permette di usare additivi che lo rendono più simile a un vino convenzionale.
Un’infografica ormai diventata iconica quando si parla di vini naturali per comprendere le differenze è questa in cui vengono elencate le sostanze ammesse nel processo di lavorazione dei vari vini, mettendo a confronto il vino convenzionale, bio, biodinamico, e “naturale”. Si specifica che alcune delle sostanze indicate si usano nel processo di vinificazione ma non si trovano nel vino.
Il vino naturale in Svizzera
I primi a produrre vino “naturale” furono i francesi alla fine degli anni Sessanta per poi esplodere anche in Italia, dove, tuttora, la filosofia della produzione naturale è sempre più in voga e i ristoratori, da almeno sette anni, accolgono i vini naturali nelle loro cantine.
In Svizzera, i viticoltori che hanno iniziato a produrre in questa maniera sono stati soprattutto i vallesani.
Nella panoramica della produzione vitivinicola sostenibile, attualmente c'è anche l'associazione Slow Wine fondata nel maggio 2018. La maggioranza dei soci presenti ha deciso che solo i produttori biologici artigianali certificati o in conversione, così come i produttori con il marchio Bio Suisse o Demeter, possono partecipare al movimento Slow Wine Svizzera. L’associazione riunisce i viticoltori che si impegnano per la biodiversità, l'autenticità e il gusto, dal lavoro in vigna al prodotto finito. Slow Wine non è un'etichetta, ma una rete i cui membri si impegnano a rispettare gli stessi valori firmando la Carta di Slow Wine. Il movimento conta oltre 60 viticoltori in tutta la Svizzera.
E in Ticino? Lo chiediamo a Luigi Degani che quindici anni fa, insieme alla moglie Luisella, aprì una bottega in Valle di Blenio portando i primi vini naturali nel nostro Cantone. «Ai tempi - confida Luigi - quando proposi in degustazione certe bottiglie ad alcuni vignaioli ticinesi, questi si alzarono da tavola e se ne andarono in totale disaccordo con la mia scelta e l’assaggio in corso».
Lo stesso Luigi, però, ci fa notare che oggi anche in Ticino stanno prendendo piede alcune realtà, soprattutto tra i giovani vignaioli che capiscono e interpretano velocemente questa tendenza e il conseguente cambiamento. Secondo Degani, alcune generazioni rimangono conservatrici e il Ticino è un mercato piccolo e ancora diffidente per questo tipo di vini, è però rincuorato dal fatto che anche qualche produttore storico si è convertito al biologico e altri sono sempre più avvezzi a piantare vitigni resistenti, i cosiddetti PIWI – acronimo tedesco che significa pilzwiderstandfähig – che risultano più resistenti alle malattie e quindi meno inclini alla necessità di trattamenti. Non tutti i vitigni, infatti, si prestano alla produzione “naturale”, è il caso del Merlot che in vigna necessità di trattamenti per poter dare il meglio.
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Per quanto riguarda invece il gradimento dei consumatori, Luigi riscontra che le vendite nel nostro Cantone rimangono concentrate nel Sottoceneri, forse anche per la vicinanza con l’Italia.
Il Cantone romando è sicuramente il più incline a questi vini data la vicinanza con la Francia e la “contaminazione” avvenuta già diversi anni fa. Luigi, però, racconta che anche in Svizzera tedesca, specialmente a Zurigo, la domanda è esplosa negli ultimi quattro anni, spesso grazie a sommelier stranieri attivi nel settore ristorativo, ottimi conoscitori della filosofia naturale, che spingono sempre più nell’inserimento in carta di certe etichette, alimentando così il trend.
L’ecologia come valore centrale, già in vigna
Dallo scambio con Luigi emerge in modo chiaro quanto siano i valori quelli che possono cambiare nel mondo del vino e quanto, anche in questa vasta tematica, alla base ci siano i principi ecologici che iniziano dalla vigna, fino ad arrivare agli scaffali dei consumatori. «Il vino naturale è un vino pulito che rispetta anche il consumatore. Pensiamo alle etichette degli alimenti comuni: tutte riportano una lista di ingredienti perché è obbligatorio; quella del vino no, perché non ritenuto un alimento, ad eccezione della menzione ovvia al contenuto di solfiti - contenuti in tutti i vini, entro una certa quantità, perché prodotti naturalmente durante il processo di fermentazione alcolica -». Pensando, invece, al fattore agricolo e al giovamento che l’ambiente potrebbe trarre dall’espandersi di queste produzioni, dobbiamo pensare al lavoro dei vignaioli naturali che, nella maggior parte dei casi, è atto al recupero e alla tutela delle varietà di vitigni autoctoni, con conseguente grande apporto alla biodiversità del territorio nel quale operano. Il principio, dunque, su cui si base questa filosofia è semplice: più biodiversità c’è in vigna, più le piante diventano capaci di proteggersi da sole, meno trattamenti sono necessari.
Siate curiosi
Quale approccio adottare dunque con questi vini? Bisogna avere una buona dose di curiosità, essere aperti a sapori nuovi che non ci si aspetterebbe di incontrare in un bicchiere di vino. Anche i profumi sorprenderanno per la loro grande varietà e ricchezza. Se vi recate in botteghe specializzate o quando andate al ristorante, provate a chiedere se hanno vini che sono stati prodotti con fermentazioni spontanee ad opera di lieviti indigeni senza essere stati chiarificati e senza solfiti aggiunti. Ogni vino così prodotto è il risultato del territorio e dell’anno di produzione, in modo pulito, lineare, senza artefici o correzioni. Il risultato? Un vino vivo, in costante evoluzione.
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