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“Per una buona foto bisogna leggere l’essere umano”

Intervista a Giorgio Lotti, protagonista del periodo d’oro del fotogiornalismo - “Prima di scattare bisogna mettersi a disposizione”

  • 25 giugno, 05:36

Intervista al fotoreporter Giorgio Lotti

Telegiornale 23.06.2024, 20:00

Di: Laura Giovara

Giorgio Lotti, classe 1937, è uno dei protagonisti del periodo d’oro del fotogiornalismo italiano. Una carriera lunga 60 anni, un archivio di 400’000 foto, Lotti è stato uno dei fotoreporter di punta della rivista “Epoca”, una delle redazioni più prestigiose al mondo.

Yasser Arafat, Brigitte Bardot, Andy Warhol, la consegna del Nobel ad Eugenio Montale, lo sbarco dell’uomo sulla Luna vissuto assieme al poeta Giuseppe Ungaretti. Pensate ad un protagonista o ad un grande evento del ‘900 e Giorgio Lotti lo ha fotografato.

Lotti detiene un record. Il primo ministro cinese Zhou Enlai ha scelto la sua fotografia come ritratto ufficiale rendendola la foto più venduta al mondo con oltre 100 milioni di copie.

Ci racconti come è nata questa fotografia..

“1983, vado a Pechino per un reportage. Non conosco niente della città, decido di andare all’ambasciata italiana, chiedo all’ambasciatore se mi puoi aiutare a capire la città, l’arte, la cultura, i teatri. Ad un certo punto mi dice, Giorgio scusi possiamo rimandare l’incontro?  Ho da fare perché domani mattina devo incontrare il primo ministro Zhou Enlai. Ah! Mi deve portare! gli dico. Non posso! Risponde, insomma lo convinco, pero non so niente di quest’uomo.

 Allora vado ad una riunione di giornalisti cinesi e vengo a scoprire due cose importanti su Zhou Enlai. Primo che non bisognava fotografarlo su sfondo rosso perché il rosso rappresentava il periodo di Mao Zedong. Seconda cosa, se lui tendeva la testa a sinistra aveva un significato, un uomo che sapeva leggere il futuro.

Mi presento allora all’incontro e mi chiedo, ma come faccio a parlargli? E mi dicono M. Enlai  a bien etudié à Paris, M Lotti. Ah che fortuna! Posso parlargli. Allora studio il grande salone dove avviene l’incontro, trovo un punto in cui lo sfondo era un grigio scuro che mi sembrava quello giusto, vado davanti a lui e gli dico che è l’unica occasione che ho per fotografarlo. Nel mentre mi muovo, lui mi segue per educazione, lo porto vicino alla poltrona lui si siede e scopro che si può fare una sola foto perché era proibito ai fotografi non cinesi di farne di più. Mentre lo inquadro sto per dirgli se poteva guardare a sinistra, un suo segretario lo chiama volta la faccia e faccio questo scatto. 6 mesi dopo mi arrivano, 2-3 telefonate dall’ambasciata cinese, mi dicono guardi il primo ministro vorrebbe una sua foto, anzi 2 o 3. Stampo quindi qualche ritratto e glielo mando. Qualche anno dopo ritorno a Pechino, mi chiama il ministero e mi dico, magari mi devono proibire di fare qualche foto. Guardi Lotti la sua foto è stata stampata dappertutto, nei libri, nei francobolli, ha superato le 100 milioni di copie. È la foto più stampata e utilizzata nel mondo. Che fortuna che ho avuto! (risata)“.

Lei è sempre stato intraprendente..

“Ah sì, alcuni servizi su “Epoca” erano iniziative mie che finanziavo con soldi miei. Era tale l’amicizia tra fotografi e direttore che mi bastava andare dal direttore e dirgli ho bisogno di 4-5 giorni. Aveva la massima fiducia. Una di queste mie iniziative è con il politico palestinese Yasser Arafat. Prendo un aereo, vado in un posto internazionale, vengo caricato su un elicottero, mi portano in una città che ancora oggi non so quale fosse. Vengo caricato in un‘auto con due uomini con pistole, arrivo in un antico palazzo, prima di entrare vedo gente con mitra in mano e kefiah. All’interno, altre 5 persone super armate, uno aveva una bomba, oh mamma, cosa deve fare un fotografo per lavorare? Mi controllano il materiale, mi esaminano la borsa, poi busso ad una porta bianca, entro e vedo in fondo Arafat si alza in piedi e mi viene incontro.

Comment ça va Monsieur Lotti? È vero che mi fa uno stupendo ritratto come quello che ha fatto a Zhou Enlai? Sono sopreso e non so perché gli chiedo, ma lei porta la kefiah. A, esclama Arafat, a proposito, la devo mettere. Ecco, mi dico, mi sta facendo vedere qualche cosa, lo inquadro, prende la mano destra, la avvolge lentamente attorno al capo, porta lentamente un lembo sulla sua destra e poi mi fa, vede questo piccolo lembo? È la mia Palestina.”

Qual è il segreto per fare una buona foto?

“Bisogna cercare di capire chi hai davanti. È questo che fa la differenza in campo fotografico, capire l’essere umano, leggerlo attentamente, non scattare per scattare. Non ha proprio senso. Bisogna fare le cose in base alla loro mentalità, al loro modo di vedere il mondo, non al tuo. Mettersi a disposizione prima di scattare. E se non hai capito puoi solo fare un’orribile foto. E poi essere corretti e sinceri. Bisogna rispettare le persone.

Le racconto un aneddoto. Sono stato fotografo ufficiale al Teatro alla Scala di Milano. Una sera c’è il Lago dei Cigni, Rudolf Nureev balla con Carla Fracci. Mi metto dietro le pattone, gli schermi del palcoscenico dove si mettono i fotografi per fotografare i soggetti.  Nureev  sta ballando, lo guardo attentamente e mi dico non funziona. C’è qualcosa che non va, è inutile che faccio le foto. Appoggio la macchina fotografica a terra. Quando si chiude lo spettacolo Nureev viene verso di me e mi dice Giorgio grazie per non aver fatto le foto! Non ne ho indovinata una stasera! È vero che vieni domani sera che domani mi impegno? (risata)“

In quali progetti è impegnato?

“Da 20 anni sono impegnato su “Luce e Mare”, sono andato alla ricerca dell’astrattismo. Ho iniziato a fotografare i colori del mare e anche del lago di Lugano. Certo bisogna andare in un certo periodo dell’anno, ad una certa ora del mattino o del pomeriggio, bisogna aspettare che il lago abbia un certo tipo di movimento.

Il lago di Lugano mi ha sempre affascinato, mi piacerebbe fare questa mostra sull’astrattismo al LAC perché è un museo molto serio, molto bello, stupendo direi. Hanno fatto in passato delle mostre che ho visto veramente di altissimo livello. Lugano è adorabile, vado spesso a fare delle passeggiate, anche in battello e collaboro con la galleria Meta.Project”.

Prima di salutarci, una provocazione. Con l’intelligenza artificiale abbiamo ancora bisogno della fotografia?

“Non mi interessa, è la realtà che conta non la stupidità. In campo giornalistico non ho mai truccato una foto, è ignobile chi trucca una foto. Tu stai dando un’informazione al grande pubblico, non è giusto imbrogliare”

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