Il terremoto che ha recentemente colpito il sud-est della Turchia (oltre al nord della Siria) è stato fra i temi dell'incontro di lunedì ad Ankara fra il segretario di Stato americano Antony Blinken e il suo omologo Mevlut Cavusoglu, capo della diplomazia turca. Blinken - per la prima volta nel Paese da quando è entrato in carica due anni fa - ha lodato in conferenza stampa la risposta umanitaria di Washington, avvenuta "nel giro di ore" con l'invio circa 200 soccorritori. Ha pure promesso che l'assistenza proseguirà. Finora sono stati annunciati contributi per 185 milioni di dollari.
Insieme all'omologo Mevlut Cavusoglu
Le discussioni hanno però riguardato in modo particolare la guerra in Ucraina e le sue conseguenze. Da un lato l'inviato della Casa Bianca ha sottolineato l'importante ruolo della Turchia, la cui mediazione è stata decisiva per il raggiungimento dell'accordo per l'esportazione di grano ucraino. Ankara inoltre ha chiuso Bosforo e Dardanelli al transito di navi da guerra. La Russia non potrebbe quindi rafforzare la sua flotta nel Mar Nero con vascelli provenienti da altre aree. Cavusoglu ha pure ribadito dal canto suo che il suo Paese non si presta all'aggiramento di sanzioni e non invia in Russia prodotti suscettibili di essere utilizzati anche a scopo militare.
Fra Washington e Ankara, però, non sono solo rose e fiori, malgrado l'appartenenza comune alla NATO. Incontrando in aeroporto anche il presidente Recep Tayyip Erdogan, in partenza per la regione di Hatay devastata dal sisma, Blinken ha pure insistito per un'accelerazione dell'adesione di Finlandia e Svezia alla NATO, bloccata da maggio dal mancato via libera (finora) proprio della Turchia (oltre che dell'Ungheria). "Siamo fiduciosi che potremo accoglierle presto", ha detto, ma da parte turca ci sono ancora resistenze in particolare nei confronti di Stoccolma, accusata di tollerare le attività di gruppi curdi sul suo territorio. La strada sembra invece farsi più in discesa per Helsinki.
Ankara ha respinto però ogni legame fra questa questione e l'acquisto di caccia F-16 con cui intende modernizzare la propria aviazione. La questione è delicata anche perché in passato venne esclusa dal progetto di sviluppo degli F-35 - quelli che comprerà anche la Svizzera - in seguito alla decisione di dotarsi di un sistema di difesa terra-aria di fabbricazione russa.