Tra una settimana, in Iowa inizia ufficialmente l’anno elettorale negli Stati Uniti. Una corsa che potrebbe riportare al potere Donald Trump, in testa in tutti i sondaggi. Un’ipotesi accompagnata da più di un timore per l’escalation retorica e i propositi vendicativi manifestati dall’ex presidente.
“La campagna di Donald Trump è incentrata su di lui, non sull’America, non su di voi. Trump è ossessionato dal passato, non pensa al futuro. È disposto a sacrificare la democrazia”. Così si è espresso il presidente USA Joe Biden, lanciando la propria campagna elettorale.
Un ritorno al passato che però entusiasma un gran parte della base Repubblicana, desiderosa di voltare pagina e di affidare la nomination all’ex presidente Donald Trump, ben più di un semplice politico. Una voglia di rivincita, però, accompagnata sempre più da una cruda escalation retorica da parte del tycoon, che parla di vendetta: “Sono il vostro guerriero. Sono la vostra giustizia. E per coloro che hanno subito torti sono la vostra vendetta”... di dittatura: “Mi chiedi se sarò un dittatore? No, no. A parte il primo giorno”... paragona gli avversari a parassiti: “Estirperemo i comunisti, i marxisti, i fascisti della sinistra radicale, che vivono come parassiti nel nostro Paese”... dice che i migranti “avvelenano il sangue degli USA: “C’è molto da fare perché i migranti stanno avvelenando il sangue del nostro Paese”.
Un linguaggio a cui ormai ci si è abituati, quasi assuefatti, accompagnato da promesse di deportazioni degli immigrati, licenziamento dei funzionari considerati sovversivi o l’abolizione di agenzie come l’FBI. Di che allarmarsi secondo Ruth Ben-Ghiat, storica, esperta di sistemi autoritari della New York University: “Sia Mussolini sia Hitler parlavano dei nemici come di parassiti e Trump ricalca quel tipo di discorso (che in passato è sfociato in violenza) quando parla di reprimere gli avversari o di deportazioni di massa”. Il rischio è di agitare fantasmi che non aiutano a capire il fenomeno Trump. “I politici autoritari dicono sempre cosa faranno, ma spesso non ascoltiamo i loro discorsi o non li prendiamo sul serio”, sottolinea Ruth Ben-Ghiat.
Accuse respinte da Sebastian Gorka, assistente di Trump ai tempi della Casa Bianca. Il rischio di dittatura, dice, sussiste adesso: “Il regime di Biden. E uso la parola regime in modo specifico, visto che la casa del leader dell’opposizione a Mar-A-Lago è stata perquisita dall’FBI di Biden”. Come interpretare allora Trump quando parla di vendetta, dittatura o di parassiti da estirpare? “Non capisco questa ossessione. È stato presidente, è stato un dittatore? No. Si è rifiutato di lasciare la carica? L’ha fatto, io ero lì, alla base aerea di Andrews il 20 gennaio, il giorno dell’insediamento di Biden, quando lui è salito sul suo aereo per andare in Florida”, sostiene Gorka. Un passaggio di potere, obiettiamo, non proprio pacifico visto che è sfociato con l’assalto del 6 gennaio... “Il sei gennaio è stata una protesta fuori controllo per 3 ore e mezza. Nessuno dell’establishment è morto…”. L’intervista finisce bruscamente, il nostro interlocutore ci ha cacciati, ritenendo troppo parziali le domande.
Rimane il difficile compito dei media nello spiegare il fenomeno Trump e i suoi pericoli, in un Paese dove un quarto degli abitanti ritiene che l’assalto al Campidoglio sia opera dell’FBI e un terzo ritiene illegittima l’elezione di Joe Biden.