Nella città vecchia di Hebron, un checkpoint separa la zona sotto il controllo dell’autorità palestinese da quella controllata dagli israeliani. In alto, la canna di un fucile punta sulla strada: è un’arma controllata da remoto in grado di sparare da sola granate assordanti e proiettili di gomma utilizzando l’intelligenza artificiale per riconoscere gli obiettivi.
Un fucile automatico installato in un checkpoint di Hebron
Questo è solo uno degli esempi di come l’esercito israeliano stia facendo ricorso alla tecnologia per accrescere il controllo nei territori occupati.
Un anno fa, proprio a Hebron sono emerse le prime rivelazioni di un sistema usato dai soldati israeliani per creare una banca dati dei palestinesi sfruttando il riconoscimento facciale. Il programma si chiama Blue Wolf, “lupo blu”.
“Il Blue Wolf è un’applicazione per smartphone che viene data in dotazione ai militari in Cisgiordania. I soldati hanno l’ordine di fotografare i palestinesi che incontrano per strada durante le operazioni di pattugliamento”, racconta alla RSI Ori Givati, un ex soldato dell’organizzazione israeliana “Breaking the Silence”.
Un checkpoint a Hebron
“L’applicazione riconosce e capisce chi è il palestinese nella foto e dice al soldato se deve essere arrestato oppure se può proseguire liberamente”, spiega Givati. Secondo le testimonianze degli ex militari raccolte da “Breaking the Silence”, i soldati che scattano il maggior numero di fotografie ai palestinesi ricevevano un premio dall’esercito.
Così sarebbe stato creato un enorme database con volti e informazioni sui cittadini palestinesi, che oltre a comunicare con gli smartphone dei soldati, sarebbe anche collegato a un sistema di telecamere dotate di intelligenza artificiale.
Un’abitante di Hebron racconta di sentirsi spiata anche dentro casa
Diversi abitanti di Hebron con cui la RSI è riuscita a parlare hanno affermato di sentirsi costantemente sorvegliati non solo in strada, ma anche dentro casa. “Le persone qui non vengono a visitarci, neanche per le feste o per le occasioni speciali, non vengono proprio…. Sinceramente, non abbiamo una vita”, ha dichiarato la donna.
Interpellato dalla RSI, l’esercito israeliano non ha fornito spiegazioni. In altre occasioni, ha dichiarato che il programma di sorveglianza messo in atto in Cisgiordania è una misura di sicurezza per contrastare il terrorismo.