Quando entra in contatto con l’acqua salata si scioglie completamente. Grazie a questa caratteristica un materiale messo a punto dal centro giapponese di Riken si candida a sostituire le plastiche e risolvere il problema dell’inquinamento delle microplastiche negli oceani.
Come molte altre plastiche biodegradabili, la nuova plastica - di cui ha riferito uno studio pubblicato su Science - non contiene alcun elemento derivato dal petrolio. I due ingredienti principali sono infatti due molecole che vengono utilizzate anche nel settore alimentare come additivi. Si tratta quindi di sostanze ecocompatibili, che sono tenute insieme da un legame chimico che può essere rotto proprio dal contatto con l’acqua di mare.
Le due molecole che ne risultano, inoltre, possono essere metabolizzate dai microorganismi presenti nell’ambiente, arrivando così a una completa scomparsa della plastica e dei suoi componenti. Inoltre, la nuova plastica non è infiammabile, riducendo un’altra potenziale fonte di inquinamento.
Un aspetto che rimane da indagare ancora è il costo di produzione, però la strada tracciata sembra promettente per risolvere i problemi ambientali causati dalla plastica. Inventato poco più di 60 anni fa, il materiale sinonimo di modernità ha ottenuto subito un grandissimo successo per la sua durabilità e i bassi costi di produzione. Già negli anni 2000, però, la comunità scientifica si è accorta che proprio la resistenza della plastica rappresenta anche un problema. Infatti viene ridotta in piccoli frammenti.
Le cosiddette microplastiche spesso sono talmente piccole da essere invisibili a occhio nudo e, proprio per le loro dimensioni così ridotte, in grado di entrare nella catena alimentare. Microplastiche, infatti, si trovano all’interno di moltissime specie di pesci, con conseguenze per la loro salute ed eventualmente la nostra se ce ne cibiamo.
Ma il vero tasto dolente resta il danno già fatto, per dissolvere il quale ancora non si vede una soluzione all’orizzonte.