Non è buono lo stato di salute delle acque nell’UE. È la conclusione che emerge da un rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), che esprime quindi un monito: “Le nostre acque sono confrontate ad una serie di sfide senza precedenti, che minacciano la sicurezza idrica in Europa”, ha sottolineato la direttrice dell’agenzia Leena Ylä-Mononen. Preoccupante è, in particolare, il dato che concerne le acque di superficie e la loro “salute chimica”: essa è risultata buona solo nel 29% dei casi, a fronte del 77% rilevato invece per le falde freatiche. Una buona salute chimica è data dall’assenza di un inquinamento eccessivo da nutrienti e da sostanze come le discusse PFAS e le microplastiche.
A minacciare le acque di superficie sono l’inquinamento atmosferico e le attività agricole, che portano al riversamento di quantitativi di rifiuti, inquinando il suolo. L’AEA, che ha preso in esame i dati forniti da 19 Paesi dell’UE e in Norvegia, chiede quindi di ridurre nella misura del 50% il ricorso a pesticidi entro il 2030. Ma a mettere sotto pressione le superfici acquifere sono anche gli effetti dei mutamenti climatici - che determinano sia la siccità, che le inondazioni - come pure lo sfruttamento eccessivo delle risorse di acqua dolce. “Dobbiamo raddoppiare gli sforzi per ripristinare la salute dei nostri preziosi corsi d’acqua, dei laghi, delle acque costiere e di altre masse idriche”, per far sì che “questa risorsa vitale sia resiliente e sicura per le generazioni future”, conclude quindi la direttrice dell’AEA.
Il rapporto in questione non contempla la Svizzera. Ma in che misura possono essere inquadrate delle similitudini? Esse “riguardano soprattutto le questioni inerenti ai cambiamenti climatici, che ci stanno colpendo negli ultimi anni” con maggior frequenza, osserva Raffaele Domeniconi, che è coordinatore per la Svizzera italiana dell’Associazione elvetica dei professionisti della protezione delle acque (VSA).
L’esperto richiama però l’attenzione sullo stato delle nostre acque sotterranee, da lui definito “forse ancora più critico di quello del resto d’Europa”. Una valutazione che non può che far riflettere, se si considera che in Svizzera sono proprio queste fonti a coprire quasi l’80% del fabbisogno di acqua potabile. Domeniconi cita in questo senso il dato che concerne i nitrati, rilevando che ben “il 70% delle acque sotterranee nell’Altipiano ne contiene in misura rilevante” e sottolineando il fatto che purtroppo “da tantissimi anni la legge per quanto riguarda le immissioni non viene adempiuta”. Ma perché? “Diciamo che, in questo ambito, interessi economici” dell’agricoltura e dell’industria farmaceutica prevalgono su quelli “di protezione ambientale”.
Per salvaguardare le acque sotterranee si impone quindi “molta attività politica”, dal momento che “le basi legali ci sono, ma la loro applicazione è carente”. Ma altre importanti sfide concernono la gestione dell’acqua proprio a livello quantitativo. Perché, parlando di deflussi minimi, come pure di siccità e alluvioni, si constata che “una gestione settoriale come quella fatta” finora “non potrà più risolvere i problemi che dobbiamo affrontare”, spiega l’esperto. Si fa quindi strada la soluzione di una “gestione integrata delle acque”, con l’obiettivo di “mitigare questi problemi che dobbiamo affrontare sempre più frequentemente”.
Intanto però ci sono situazioni che attestano un lavoro in Svizzera “forse quasi pionieristico, rispetto al resto d’Europa”. In materia di depurazione, ad esempio, con acque che dopo il loro utilizzo vengono restituite “all’ambiente con qualità sempre migliore”. A ciò si aggiunga il fatto che “le nostre acque superficiali sono migliorate”. Infine la Svizzera, con le decisioni adottate negli ultimi anni, punta a “rimuovere i microinquinanti e ha già iniziato a farlo”, conclude l’esperto della VSA.