L’acido trifluoroacetico (TFA) fa parte della famiglia dei PFAS, le molecole sintetiche anche dette “inquinanti eterni” usate in grande quantità in diversi settori industriali. Il TFA entra in gioco in particolare nella produzione di pesticidi e nei sistemi di refrigerazione, come sottolinea un’inchiesta di RTS.
La presenza di questa molecola nell’acqua fa discutere molto meno di quella di altri PFAS, come i prodotti della degradazione del fungicida clorotalonil, e negli ultimi anni raramente le acque sono state testate per il TFA.
L’approfondimento sul TFA di On en parle (RTS, 30.09.2024)
Il TFA appare però nel rapporto 2023 dell’Associazione chimici cantonali svizzeri sui PFAS nell’acqua potabile, disponibile solo in tedesco. Nella primavera dell’anno scorso sono stati analizzati 564 campioni di acqua potabile, coprendo circa il 71% dell’approvvigionamento della popolazione svizzera. Il TFA era presente in 560 campioni, in quantità importanti: la media è di 0,765 microgrammi (μg) al litro, mentre per le altri PFAS più comunemente ricercati non supera i 0,01 μg/l.
I valori limite per tre PFAS presenti nell’Ordinanza del DFI sull’acqua potabile e sull’acqua per piscine e docce accessibili al pubblico sono fissati tra 0,3 e 0,5 µg/l, ma per quanto riguarda il TFA la Germania ha deciso di fissare un valore soglia indicativo di 60 µg/l.
Per il momento la Confederazione non ha emanato norme o raccomandazioni sul TFA. L’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV), competente in materia, afferma di essere in contatto con l’Unione Europea sul tema e assicura che “secondo le conoscenze scientifiche attuali, l’acqua potabile in Svizzera è di buona qualità e non presenta rischi per la salute”.
Uno studio effettuato in Germania ha constatato problemi riproduttivi nei conigli a contatto con il TFA, ma l’impatto sugli esseri umani è ancora incerto. È più per una questione di precauzione che le autorità svizzere ed europee dovrebbero quindi emanare raccomandazioni, probabilmente entro la fine del 2025.
Salomé Roynel, attiva nell’ONG Pesticide Action Network di Bruxelles, ai microfoni di RTS si rammarica che il principio di precauzione non prevalga più spesso al momento della messa in circolazione di molecole come il TFA, di cui teme che “la tossicità sia stata sottovalutata”.
È un aspetto particolarmente criticato dall’organizzazione, dato che queste sostanze a volte possono portare a fenomeni irreversibili. “Vorremmo che le autorità si attivino per invertire questa tendenza” afferma Roynel.
Un ’eventuale filtraggio dell’acqua potabile sarebbe difficile, dato che l’uso del carbone attivo, efficace con i residui di altri pesticidi, non funziona con i TFA. L’acqua dovrebbe essere trattata con la tecnica dell’osmosi, più costosa.
Acqua non potabile a Ginevra
Telegiornale 30.09.2024, 12:30