Nel gennaio dello scorso anno, a causa della mancanza di agente di contrasto, un neurochirurgo non ha rilevato nulla di grave nella sua risonanza magnetica, rimandandola a casa e prescrivendole delle sedute di fisioterapia e un appuntamento sei settimane dopo, per valutare di nuovo la situazione.
I dolori però persistevano e una nuova risonanza magnetica ha rivelato un tumore benigno nel midollo spinale. “Il dolore può essere spiegato, ma solo sulla base di un referto che ho dovuto implorare, perché non l’avevo ricevuto”, spiega la donna vallesana, che non è mai stata ricontattata dal suo neurochirurgo.
Per spiegare i suoi dolori, sette mesi dopo, ha avuto bisogno dell’aiuto della sua terapista shiatsu, che ha trasmesso le immagini al suo insegnante, il quale ha identificato il problema e le ha consigliato di rivolgersi agli Ospedali Universitari di Ginevra.
Xavière si è presa la responsabilità di contattare gli specialisti. Ha trasmesso i fascicoli e a marzo è stata finalmente operata. Senza l’intervento rischiava la paraplegia.
Il caso di Xavière (La Matinale, RTS, 28.03.2025)
Questo caso illustra il cambiamento del rapporto medico-paziente iniziato cinquant’anni fa. Vincent Barras, storico della medicina all’Università di Losanna, spiega che la medicina è passata da un rapporto paternalistico, con un medico onnisciente, a un rapporto più orizzontale, con i suoi vantaggi e svantaggi.
“I pazienti sono lasciati molto di più a se stessi. Sono molto più autonomi. Allo stesso tempo, si assumono molte più responsabilità nella relazione, mentre il modello precedente implicava una sorta di sottomissione a un modello che non veniva messo in discussione”, spiega lo storico alla RTS.
Uno sviluppo legato all’individualizzazione della società e ai progressi scientifici che hanno frammentato le specialità mediche, rendendo più difficile avere una visione globale della salute di una persona. “In una società neoliberale dei consumi, l’individuo diventa il nucleo da cui si misura il resto”, sottolinea Barras. “L’esperienza stessa della malattia è vissuta come qualcosa di individuale, e questo sviluppo è marcato anche nelle istituzioni che forniscono assistenza, come le casse malati”.
“Oggi – prosegue – è sorprendente vedere fino a che punto il discorso globale ti rende responsabile della tua malattia. Questo si può notare anche nel discorso della prevenzione, che si muove in questa direzione, rendendo le persone quasi ansiose della propria responsabilità di fronte all’insorgere della malattia”.
Ospedali proattivi
Xavière, come molte altre persone, si trova a doversi informare, gestire e diventare specialista della propria condizione. Ma questa autonomia forzata può essere fonte di solitudine e ansia. “Mi manca un po’ il medico onnisciente che mi guida dove devo andare”, ammette.
Sebbene questa autonomia abbia i suoi vantaggi, può anche lasciare i pazienti impotenti di fronte a un sistema complesso. Per compensare questa solitudine, alcuni ospedali stanno creando servizi per raccogliere le testimonianze dei pazienti e rendere il loro viaggio più facile.

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Telegiornale 05.04.2025, 20:00