Reportage

Il destino degli svizzeri partiti per unirsi all’IS

La testimonianza di uno dei tre cittadini svizzeri, ex combattenti dello Stato islamico, detenuti nel nord est della Siria in una prigione che rischia di chiudere i battenti

  • Ieri, 05:44
02:41

La spinosa questione del rimpatrio degli ex combattenti dell'ISIS

Telegiornale 12.04.2025, 20:00

Di: Mohamed Errami, Amine Hassan (RTS)/sf 

Fabien* è uno svizzero detenuto senza processo nella prigione di Hassaké, dove è rinchiuso da otto anni. Come altri prigionieri, l’uomo originario di Losanna attende che il suo Paese d’origine accetti di rimpatriarlo.

Oggi spera nel cambiamento di Governo a Damasco, che potrebbe influenzare la sua situazione e di cui è venuto a conoscenza durante l’intervista della RTS.

Radicalizzazione rapida

Fabien inizia a interessarsi all’Islam, poi si converte all’inizio del 2014 in Svizzera. Si radicalizza molto rapidamente e, nel 2015, si unisce allo Stato islamico, allora in piena ascesa e che controllava vasti territori in Siria. In quel periodo, l’organizzazione terrorista si distingue per numerosi abusi, in particolare contro civili e minoranze.

Una volta sul terreno afferma di essersi disilluso, il che gli causa tensioni con i vertici del gruppo. Cerca quindi di fuggire dalla Siria tramite un passatore, ma viene arrestato dalle forze curde. Da allora, attende dietro le sbarre della prigione di Hassaké.

Fabien spera in un eventuale rimpatrio in Svizzera, anche se dice di comprendere le reticenze del suo Paese. “Capisco che abbiano paura... ero nell’IS”, ma afferma di non essere pericoloso e di essere cosciente dei suoi errori: “Vorrei voltare pagina e ricominciare la mia vita”.

Fine degli aiuti statunitensi

Con la fine dell’aiuto statunitense, che finanziava fino al 60% delle prigioni e dei campi nel nord-est siriano, la situazione diventa sempre più critica. Le autorità curde faticano a fornire un sostegno adeguato, il che complica notevolmente la gestione dei detenuti.

“Da quando l’amministrazione Trump ha deciso di congelare gli aiuti umanitari, la situazione è notevolmente peggiorata nella regione”, conferma la ministra degli esteri curda Jihan Hanan. “Attualmente stiamo riscontrando grandi difficoltà nel fornire il supporto materiale, medico e logistico necessario ai nostri campi e centri di detenzione, il che compromette gravemente la sicurezza e il benessere delle popolazioni vulnerabili che cerchiamo di aiutare”, continua.

Se alcuni Paesi hanno iniziato a rimpatriare i loro jihadisti per processarli sul proprio suolo, la Svizzera, per ora, rimane inflessibile, rifiutando qualsiasi rimpatrio per i cittadini che si sono uniti allo Stato islamico.

Diritto al rimpatrio

Gli ex combattenti dello Stato islamico “hanno diritto a un esame individualizzato della loro situazione, in una decisione che deve poter essere controllata dal potere giudiziario”, afferma l’avvocato Kastriot Lubishtani, ai microfoni della RTS. “Queste persone beneficiano anche delle protezioni del diritto internazionale umanitario. Questo diritto impone agli Stati il rimpatrio dei loro cittadini, compresa la Svizzera, che non hanno partecipato alle ostilità”.

L’intervista a Kastriot Lubishtani (19h39, RTS, 11.04.2025)

La politica del Consiglio federale è stata elaborata su una base di sicurezza, continua Lubishtani. Ma a suo avviso, questa politica è “manifestamente miope” e “ignora” il contesto geopolitico. “Non potremo rimanere indefinitamente al riparo dal caos siriano. Prima o poi, dovremo riprendere i nostri. Tanto vale farlo ora, in un quadro strutturato e controllato, piuttosto che rischiare che si disperdano”, sostiene.

“Il giorno in cui queste persone torneranno, passeranno per il carcere”, sottolinea Lubishtani, spiegando che gli ex combattenti potrebbero rispondere di crimini di guerra. Nel caso in cui questo capo d’accusa non potesse essere provato, potrebbero essere giudicati per partecipazione a un’organizzazione terroristica. Queste persone “non marcirebbero in prigione fino alla fine della loro vita. Un giorno usciranno. E lì, lo Stato avrà un ruolo da svolgere nella loro integrazione nella società”.

L’avvocato sottolinea l’importanza del sistema dello Stato di diritto democratico. “Deviare da questo sistema significa cadere in una logica di sospetto permanente, che è tipica dei regimi autoritari”.

*nome di fantasia

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