“Come possiamo pretendere di fare dell’India uno stato laico, se scegliamo le persone in base alla loro comunità?” E furono - anche - queste parole di ideali a uccidere, trent’anni fa, il 31 ottobre del 1984, Indira Gandhi, la premier indiana in carica dal 1966. Figlia d’arte – il padre di Indira è Jawaharlal Nehru – fu leader del Partito del Congresso e, poi, del rifondato Congresso Nazionale.
La sua storia politica è complessa e colma di sfumature. Non sempre le sue posizioni son state coerenti e trasparenti: annientamenti di governi di sinistra precedettero posizioni socialiste. E fu proprio una delle sue scelte politiche, l’operazione “Blu Star” avvenuta fra il tre e l’otto giugno del 1984 – che consisteva nell’annientare i movimenti separatisti sikh nella regione del Punjab – che le costò la vita. Qualche mese dopo l’operazione, infatti, due guardie del corpo di etnia sikh vendicarono il loro popolo uccidendo il loro primo ministro.
Il suo assassinio scatenò una rivolta anti-sikh nella capitale e in altre importanti città del paese: morirono 2'000 sikh in pochi giorni. Questa pagina rimane ancora una delle più buie della storia indiana, poiché nessuno fu punito per quel massacro.
GTa