È iniziata ieri, lunedì, nella città sudcoreana di Busan, la quinta e ultima sessione del Comitato delle Nazioni Unite sull’inquinamento da plastica. Obiettivo del vertice: redigere un trattato globale per porre fine, in tempi rapidi, a questo fenomeno.
Sono trascorsi due anni da quando le Nazioni Unite hanno accettato, per la prima volta, di lavorare a un trattato per combattere l’inquinamento della plastica. Ma i punti di disaccordo tra i Paesi continuano a essere più numerosi delle convergenze, e in molti dubitano che il vertice di Busan possa concludere un accordo efficace. Se l’obiettivo è condiviso, spiccano le differenze su come limitare la produzione, pagare per una migliore gestione dei rifiuti e persino su quale processo utilizzare per adottare un trattato.
La cerimonia di apertura della quinta sessione del Comitato Intergovernativo di Negoziazione sull’Inquinamento da Plastica a Busan, in Corea del Sud, lunedì 25 novembre 2024.
Da una parte la cosiddetta High Ambition Coalition, composta da Unione Europea e molti Paesi asiatici e africani, che chiede regole per limitare la produzione di nuova plastica, standard globali con obiettivi, meccanismi di monitoraggio e applicazione della conformità. Dall’altra parte, le nazioni produttrici di petrolio - come Arabia Saudita, Iran e Russia – che insistono sulle cosiddette misure downstream, principalmente sulla gestione dei rifiuti. Interessi e strategie opposte, in un contesto di proliferazione della plastica, raddoppiata in quantità negli ultimi 20 anni, e destinata a triplicare – ai ritmi attuali - entro il 2060. Ma è un altro il dato davvero allarmante: oltre il 90% della plastica oggi non viene riciclata, e gran parte di essa finisce scaricata in natura.
Il grande tema degli additivi
Tra gli argomenti in discussione al vertice di Busan c’è anche quello degli additivi chimici presenti nelle plastiche. Si parla di 16’000 sostanze, la cui tossicità è ancora in parte sconosciuta. Sostanze che danno alla plastica determinate caratteristiche, come la resistenza al calore, colore o ancora la consistenza. Più complicato è però sapere se questi additivi presenti in questi oggetti sono pericolosi per la salute o l’ambiente.
Plastica, i pericoli degli additivi
Telegiornale 26.11.2024, 12:25
“Le informazioni disponibili sono poche e i consumatori non le conoscono”, ha spiegato Zhanyun Wang del Laboratorio federale di prova dei materiali e di ricerca. “Questa è la realtà che dobbiamo affrontare attualmente. Non c’è scambio di informazioni”. Per rimediare a questa carenza, Zhanyun Wang e altri ricercatori raccolgono in una banca dati le informazioni a disposizione. Un compito molto difficile specialmente perché ogni anno l’industria produce nuove sostanze senza avere l’obbligo di riferire in materia.
Uno stato di cose confermato dall’Ufficio federale dell’ambiente, secondo cui le sostanze usate per la produzione di oggetti (sia che contengano plastica o meno) vanno segnalate alle autorità e ai consumatori solo in determinati casi. Ricercatori e organizzazioni non governative denunciano una mancanza di trasparenza. Ma qualcosa comincia a muoversi.
Alla conferenza di Busan potrebbe essere redatta una lista di tutte le materie plastiche usate. “Bisogna però che questa lista sia ambiziosa e che sia periodicamente aggiornata”, sottolinea Laurianne Trimoulla, responsabile comunicazione della Fondazione Gallifrey. “È questo il livello di trasparenza che ci aspettiamo. E dev’essere giuridicamente vincolante”.
In futuro, della lista potrebbero far parte anche gli additivi potenzialmente pericolosi. Secondo alcuni medici si può agire fin da subito. “Come in molti altri campi la strategia migliore è la prevenzione”, afferma Nicolas Senn, medico di Unisanté Losanna. “Invece di studiare tutti gli effetti sulla salute di determinate sostanze potremmo, per precauzione, dirci che i pericoli sono reali e che l’uso di alcuni tipi di plastica andrebbe ridotto”.