La sentenza a Strasburgo, che ha dato ragione alla causa delle “Anziane per il clima” contro la Confederazione svizzera, mette sotto i riflettori la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Nelle prime reazioni alcuni politici di destra ne hanno messo in dubbio la legittimità. Aldilà delle polemiche, negli anni si osserva un’estensione dell’ambito tematico su cui si esprime la Corte. Intervistato dalla RSI, il professore di diritto costituzionale Andreas Glaser conferma questa tendenza.
Quando la Convenzione dei i diritti dell’uomo fu firmata nel 1950, era immaginabile che uno Stato sarebbe poi stato condannato per insufficienti leggi climatiche in relazione al diritto al rispetto della vita privata (art. 8)?
“No, naturalmente no. Però c’è stato uno sviluppo importante del Consiglio d’Europa dal primo momento del dopoguerra fino ad oggi. Quindi allora non era immaginabile, ma oggi non è più una sorpresa”.
Vuol dire che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha allargato il suo campo d’applicazione anche in altri ambiti?
“Sì, esattamente. Con l’istituzione della Corte europea dei diritti dell’uomo si è creato un organo per controllare l’implementazione dei diritti umani… dunque è un passo logico, ma con questa sentenza sul clima forse è stato raggiunto il punto più estremo che conosciamo”.
Quindi l’evoluzione è legittima, rimane però un confine da stabilire?
“Esatto. Lo sviluppo è necessario perché l’ambito dei diritti umani è in continua evoluzione, e per fortuna non siamo più negli anni Cinquanta. Ora però ci possiamo chiedere fin dove può ancora andare la Corte. Ad ogni modo mi sembra naturale che il riscaldamento climatico diventi un tema di discussione per la Corte europea dei diritti dell’uomo”.
Lei che opinione ha maturato su questa sentenza: è andata troppo in là, oppure no?
“È un caso limite, direi. Nelle misure in realtà è stata abbastanza equilibrata, perché nella sentenza non vengono imposte alla Svizzera misure concrete da adottare, nessuna tassa, nessun divieto. Per il resto è ovvio che la Svizzera deve rispettare l’accordo di Parigi dal momento che l’ha sottoscritto. Però la domanda è se questa sia proprio una questione di diritti fondamentali, perché non siamo ancora in una situazione di minaccia acuta dei diritti umani… e ci si può infine chiedere se la Corte europea sia l’istituzione giusta per controllare l’accordo di Parigi con l’obiettivo zero emissioni di CO2 entro il 2050. Alla luce di quanto detto, secondo me è un caso un po’ critico, sì”.
Parlando in generale della Corte europea dei diritti dell’uomo, come dobbiamo guardare a questa Corte? Come un’istituzione esterna, che ci corregge (i famosi giudici stranieri)? Oppure è un tribunale che in quanto cittadini svizzeri ci dovrebbe appartenere?
“È una via di mezzo. Si tratta naturalmente di un’istituzione internazionale… ma con partecipazione della Svizzera assieme agli altri Paesi europei. Le sentenze della corte vanno ovviamente accettate, ma è anche giusto accompagnare criticamente le decisioni, come stiamo facendo adesso”.
Tornando alla domanda iniziale sull’evoluzione dell’applicazione di un diritto internazionale: quando si sottoscrive un accordo, deve pur esserci una certa prevedibilità… altrimenti uno Stato non sa a cosa dovrà rispondere tra 20 o 30 anni. Ciò è rilevante adesso, perché è in discussione un negoziato con l’Unione europea che coinvolge la Corte di giustizia dell’UE (che è un altro tribunale rispetto alla CEDU)…
“Ovviamente è importante che gli accordi siano formulati in maniera precisa. Ma credo che sui diritti umani il margine di evoluzione sia molto più ampio col passare degli anni, mentre nelle disposizioni tecniche degli accordi bilaterali non vedo lo stesso potenziale di mutamento”.
Alla luce di ciò si impone una domanda più da politologo: ci si deve aspettare una ricaduta negativa di questa sentenza sulla discussione a proposito degli accordi bilaterali tra Svizzera e Unione europea?
“Mah… di certo la sentenza ricorda il potenziale di una corte internazionale o sovranazionale. Ci sono dei parallelismi con la discussione relativa ai rapporti con l’Unione europea, anche se ovviamente non si può trasporre il ragionamento uno ad uno. È ad ogni modo un cenno a ciò che potrebbe succedere anche nei rapporti con l’Unione Europea”.