La condizione di lavoro di infermiere e infermieri si fa sempre più difficile anche in Ticino. All’interno delle strutture sanitarie, infatti, è stata segnalata una crescente casistica di aggressioni subite da questi ultimi nelle corsie, nei pronto soccorso, ma anche durante il trasporto in autoambulanza.
Già recentemente si era parlato del tema, quando nel periodo delle vacanze natalizie si erano registrate aggressioni di questo tipo nella Confederazione. L’Ente Ospedaliero Cantonale, interrogato sul tema della RSI, aveva a suo tempo risposto dicendo che in Ticino non c’erano particolari campanelli d’allarme.
Della questione si è parlato anche a Millevoci, su Rete Uno, dove però sono giunte diverse segnalazioni al numero whatsapp del programma. Gli ascoltatori scrivevano di casi di violenza, fisica e verbale, facendo emergere una situazione quantomeno preoccupante.
SEIDISERA ha raccolto la testimonianza di due infermiere che hanno accettato di raccontare la loro storia. Le due hanno però chiesto di rimanere anonime, perché temono di avere problemi sul posto di lavoro.
“Adesso sono già diversi anni che lavoro in ambulanza e ho visto diverse situazioni di pazienti aggressivi. Quello che è una sorpresa degli ultimi anni è vedere come tanti giovani siano diventati aggressivi, ho visto quanto disagio c’è a livello giovanile”, racconta la prima.
“Nel mio caso specifico è successo forse un paio di volte nelle strutture in cui ho lavorato, in cui delle persone senza disturbi cognitivi si sono mostrate aggressive fisicamente. Ho avuto delle esperienze dove sono stata aggredita sia verbalmente che fisicamente, questo da persone di tutte le età, e devo dire che negli anni ho imparato a gestire la paura, perché comunque fa paura quando una persona ti aggredisce”, spiega l’infermiera.
La situazione negli ospedali in Ticino è peggiorata con il tempo e a confermarlo è anche la presidente dell’Associazione svizzera degli infermieri, Luzia Mariani Abächerli: “La gente vuole essere servita subito, e quando non va come vorrebbero, ognuno reagisce alla sua maniera, a volte con violenza, a volte con aggressività ed è difficile per le infermiere. Se si ha poco tempo per chi abbiamo di fronte, l’altro può reagire in una maniera anche aggressiva per essere ascoltato”.
La seconda testimonianza è stata rilasciata da un’infermiera che sta preparando un lavoro di diploma per la specializzazione in cure urgenti proprio sul tema della violenza subita dai curanti: “I tempi di attesa possono far sì che il paziente diventi aggressivo, due volte è successo che mi hanno spinta, però so di altri colleghi che hanno vissuto casi di aggressione fisica estrema, ma la maggioranza è aggressione verbale - racconta -. La zona più problematica è la zona del triage, per i tempi lunghi di attesa”.
“Questi casi devono essere segnalati e non succede la maggiora parte delle volte, perché il personale pensa che sia normale, fa parte del lavoro, ma non può essere normale subire delle violenze”, conclude l’infermiera.
Un problema quello delle aggressioni al personale ospedaliero che esiste anche a sud delle Alpi e che richiede un approfondimento. “A oggi noi riceviamo tra le 20-25 segnalazioni di aggressione al mese - spiega Adriana De Giorgi, capo area supporto dell’Ente Ospedaliero Cantonale ticinese - Per fare un paragone, prima del Covid erano circa una quindicina. Noi tra queste consideriamo che all’incirca 15 all’anno richiedano il coinvolgimento della polizia. Noi chiediamo e incentiviamo la segnalazione. Queste segnalazioni vengono analizzate, ma soprattutto si interviene per dare il necessario sostegno al collaboratore”.