Mercoledì si è presentato in conferenza stampa il fronte contrario a uno dei tre temi temi in votazione in Ticino il 9 giugno prossimo, ovvero alla modifica della legge che regola l’Istituto di previdenza del cantone (IPCT) o, detto in altre parole, che gestisce le pensioni degli impiegati che lavorano per il cantone. A presentarsi per dire “no” al testo così come uscito dal Parlamento c’erano UDC e Lega dei Ticinesi. Sono rimasti praticamente gli unici a contrastare il sostegno ampio del comitato a favore composto cioè da PLR, Centro, PS e Verdi assieme ad altre sigle progressiste, oltre a partiti, movimenti minori presenti in Gran Consiglio, tre sindacati e associazioni di categoria come infermieri, poliziotti o gli stessi pensionati.
Per Lega e UDC in discussione c’è tutto il sistema pensionistico degli impiegati statali. “Accettando questa votazione noi facciamo pagare a tutti i contribuenti errori fatti dalle maggioranze politiche che non hanno voluto risolvere un problema evidente già da almeno 20 o 30 anni”, ha detto ai microfoni della RSI il consigliere nazionale leghista Lorenzo Quadri. “Quindi, se si vota ‘no’ a questa proposta in votazione vuol dire che bisognerà riprendere in mano i libri e revisionare in modo importante la governance della cassa pensioni per proporre delle soluzioni che siano veramente eque nei confronti dei contribuenti, che siano eque anche nei confronti degli assicurati più giovani che adesso stanno pagando i privilegi pensionistici degli assicurati più anziani. E bisognerà comunque anche pensare che ci sono dei diritti acquisiti che erano insostenibili all’inizio e che adesso sono ancora più insostenibili e che vanno messi in discussione”.
Però, non è sul sistema che si vota, bensì sulle misure di compensazione decise dal Gran Consiglio dopo le proteste seguite alla decisione del consiglio di amministrazione della Cassa di abbassare le rendite dei circa 17’000 affiliati. Misure che, secondo Piero Marchesi, deputato nazionale UDC, “sono richieste da chi ce le propone per ovviare all’impossibilità della cassa pensione di far fronte agli impegni presi, dunque di pagare le pensioni con parametri che sono oramai fuori mercato”.
Quindi, come ribadisce Paolo Pamini, è un “no” che mira a scuotere le fondamenta dell’intero sistema pensionistico cantonale. “Il problema è ovviamente finanziario - spiega il consigliere nazionale UDC - ma a monte c’è la governance della Cassa, che è la causa principale di tutta la situazione in cui ci troviamo. Le faccio un esempio: il signor Verdi, che è cresciuto in un comune o nel privato e va a lavorare per il Cantone gli ultimi cinque-dieci anni, riceve una pensione d’oro che da nessuna parte riceverebbe se passassero queste misure compensative. Rispettivamente, possiamo fare l’esempio opposto: dopo 16 anni di pensione il capitale è bruciato e il signor Verdi di turno sta vivendo alle spalle dei suoi colleghi più giovani”.