Vent'anni di carcere e l'espulsione dalla Svizzera: è la pena che il procuratore pubblico Moreno Capella ha chiesto oggi, martedì, nei confronti del 57enne macedone a processo alle Assise criminali a Lugano per aver ucciso, nel giugno del 2017, la moglie, sparandole varie volte e a distanza ravvicinata. I fatti si svolsero in un autosilo di Ascona; dopo aver aperto il fuoco, l’imputato tentò il suicidio, sparandosi con la stessa arma usata contro la sua vittima, allora 38enne.
L’uomo è stato rinviato a giudizio con l’accusa di assassinio, il reato più grave previsto dal codice penale. Il movente del delitto, secondo l’accusa, è infatti stato la gelosia. Un movente particolarmente perverso, particolarmente odioso, è stato più volte sottolineato durante il dibattimento. La difesa sostiene invece che l’uomo agì d’impulso e che quindi si trattò di omicidio, reato punibile con meno anni di detenzione. Il legale dell’uomo, Niccolò Giovanettina dettaglierà le motivazioni domani, mercoledì, durante la sua arringa.
Delitto di Ascona, al via il processo
Telegiornale 19.11.2019, 13:30
Durante l’interrogatorio, il 57enne è stato scostante, arrogante, ma in alcuni momenti anche disperato. In aula, erano presenti anche i figli dell’uomo e le figlie della vittima. Le famiglie hanno lasciato l’aula solo quando è stato mostrato il filmato della video sorveglianza dell’autosilo, nel quale si vede il momento in cui l’uomo spara alla moglie: sette colpi, gli ultimi da dietro mentre la donna cerca di scappare. Immagini dure. Solo dopo questo filmato il giudice Mauro Ermani ha chiesto al 57enne se fosse pentito. “Molto”, ha risposto, "non avrei dovuto farlo, avrei dovuto lasciarla andare". A prendere la parola in aula è stata anche la figlia maggiore della vittima: "Eravamo come un albero - ha detto -, il tronco era la mamma, noi i rami. Purtroppo questi rami sono caduti, sono rami secchi: questo siamo oggi io e mia sorella".