Rishat e Gulbahar sono marito e moglie, vengono dallo Xinjiang e sono uiguri, membri cioè della minoranza turcofona e musulmana della regione più occidentale della Cina. Nati entrambi in famiglie povere, si sono fatti strada nella vita grazie alla propria volontà ferrea e alle opportunità nell'accesso agli studi che lo Stato cinese concede ai cittadini delle minoranze. Hanno così potuto inseguire i propri sogni e costruirsi una vita da giovani istruiti, curiosi, aperti al mondo. È una generazione globalizzata, la loro, con i piedi nella sua terra d'origine e la testa nella lontana Europa. Rishat e Gulbahar vivono oggi in Italia, paese in cui si sono trasferiti dopo gli studi universitari.
Lo Xinjiang è però divenuto negli ultimi anni teatro di un conflitto sempre più pervasivo tra gli uiguri, i cinesi han, l'etnia maggioritaria del Paese, e il governo di Pechino. La penetrazione han nella regione autonoma, la diseguaglianza sempre più accentuata e il ritorno della devozione religiosa come soluzione al disagio, hanno prodotto una escalation della tensione che si è tradotta in una catena di attentati a cavallo tra 2013 e 2014. Da allora, Pechino ha lanciato una campagna contro i “tre mali” - terrorismo, separatismo e fanatismo religioso - e lo Xinjiang è stato gradualmente trasformato in un vero e proprio Stato di polizia dove forme di controllo e repressione tradizionali si alternano alle più moderne tecnologie di sicurezza: posti di blocco ovunque, telecamere di sorveglianza, esami biometrici potenziati dall'intelligenza artificiale, repressione religiosa, fino alla creazione di veri e propri campi di rieducazione dove organizzazioni internazionali ritengono siano internati almeno un milione di cittadini musulmani della regione.
Anche Rishat e Gulbahar, nonostante la loro vita relativamente tranquilla in Europa, si sono improvvisamente trovati a sperimentare sulla propria pelle la repressione in corso nella loro terra d'origine. Questa è la loro storia.
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