Dall’8 ottobre 2023, quando sono iniziati i bombardamenti israeliani sulla striscia di Gaza, più di 43.000 palestinesi, di cui 16.765 bambini, sono stati uccisi. Il bilancio delle vittime israeliane degli attacchi del 7 ottobre è di 1.139, mentre è molto difficile conoscere il numero di morti nelle fila dell’esercito. E da quella data fatidica, gli obiettivi di Israele si sono man a mano andati modificando: alla guerra sanguinosa contro i palestinesi di Gaza si è ben presto sommata l’offensiva dei coloni israeliani nella West Bank e l’attacco dell’esercito contro Hezbollah in Libano, così come lo scambio di missili con l’Iran, in una escalation di cui non si vede purtroppo la fine. Ma che cosa significa tutto questo per la società israeliana e per le speranze di risoluzione del conflitto? Come la società di questo Paese, divisa tra spinte millenariste religiose, razzismo e accoglienza, liberalismo politico e diritti sta vivendo questa nuova guerra? Ne abbiamo parlato con Anna Foa, storica, autrice per Laterza del volume Il suicidio di Israele e con Samuele Tofano, cittadino italo-israeliano, uno dei firmatari di una petizione nata in Israele per chiedere il cessate il fuoco immediato.
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