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Colpo di scena

Ovunque l’ultimo (9./9)

  • Renáta Giacopini
  • 7.6.2024
  • 16 min
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Nel buio del sottotetto di una grigia palazzina di Oslo un uomo picchia con rabbia sui tasti di una macchina da scrivere.
Parole come martellate, come chiodi ammattiti, parole che sì, sono solo parole, ma sono anche il rimbombare di una lingua lontana, l’ultima eco della sua patria. Sì, perché per Di Ruscio “approfondire una poesia significa voler bucare la carta / scartare le velleità e non rimanere neppure il buco sulla carta...”, ed eccolo lì, tutto incurvato e rabbioso, a più di duemila chilometri da casa, nella penombra di una stanza senza finestre, con la neve grigia e nera che imbratta le strade là fuori, con un silenzio tutto suo, mezzo masticato, incastrato tra i denti.

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