Il 18 luglio del 1881 Gabriele D’Annunzio, in una lettera inviata a Giselda Zucconi, scriveva: «Io studio le canzoni popolari abruzzesi. Che sublimità di ispirazione, Elda! Che melodie profonde e affascinanti! Non sembrano prodotti di un uomo, ma le voci della stessa natura! Nessuna parte d’Italia ha canzoni così belle e così splendidamente musicali; te ne manderò qualcuna. Ma bisognerebbe sentirle cantare dalle nostre contadine nei tramonti di porpora, né gialli silenzi di mezzogiorno, nei pleniluni fatali… Che fascino, Elda! Vengon le lacrime agli occhi e il cuore palpita in un desiderio ignoto. È la natura che canta». Queste parole di D’Annunzio sintetizzano alla perfezione le sensazioni, le passioni e la carica emotiva insita nelle melodie della musica popolare Abruzzese. Ma può una piccola regione come l’Abruzzo avere tante identità musicali? Certo, è il frutto della pluralità antropologica. L’isolamento millenario di tante aree della regione ha permesso la conservazione delle singole individualità, mentre altre aree hanno subito forti contaminazioni.
Grand Bazaar ha incontrato Massimiliano Di Carlo, artista poliedrico, polistrumentista, sperimentatore della voce e dei vari linguaggi compositivi e improvvisativi, ricercatore ed etnografo è docente di musiche tradizionali al conservatorio Luisa D’Annunzio di Pescara.
Massimiliano Di Carlo ci aprirà le porte di questa variegata tradizione.
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