12 dicembre '69: le voci inascoltate
Laser 11.12.2009, 01:00
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Immediatamente dopo la strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, soprattutto a Milano, alcuni giornalisti e scrittori, non convinti del binomio “bombe-anarchia” che aveva portato gli anarchici Pietro Valpreda in carcere e Giuseppe Pinelli a morire nei locali della questura, si mobilitarono nella ricerca della verità sugli attentatori. Il loro fu un lavoro prezioso per la crescita della coscienza civile del Paese che via via si mobilitò contro le probabili derive golpiste nel governo nazionale alle quali gli attentati terroristici miravano. Nonostante l’impegno nella denuncia dei ritardi e delle omissioni che accompagnarono l’inchiesta ufficiale sulla cosiddetta “strage di stato” (così s’intitolò un famoso libro d’inchiesta pubblicato qualche mese dopo l’attentato di piazza Fontana), quella mobilitazione di gran parte della società civile di allora non sortì il risultato desiderato ossia la punizione degli attentatori. A quarant’anni di distanza da quelle tragiche giornate, Romano Giuffrida ha incontrato alcuni tra i giornalisti e gli scrittori che rifiutarono di farsi portavoce delle “veline” ufficiali: tra questi anche Corrado Stajano che, nel libro “La città degli untori” (Garzanti) ha recentemente raccontato di come si trovò, per caso, a essere uno dei primi giornalisti testimoni di quel pomeriggio insanguinato del 12 dicembre.
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