
Tre voci per Qohélet: Haim Baharier, Alberto Melloni e Sebastiano Vassalli
Laser 19.12.2011, 01:00
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«Vanità delle vanità, dice Qohélet, / vanità delle vanità, tutto è vanità…». È l’inizio folgorante e noto del piccolo libro “Qohélet”, forse il più originale e per certi versi sconvolgente della Bibbia ebraica: capolavoro letterario dell’Antico Testamento, che ancora oggi affascina per la sua incredibile attualità, e per le domande radicali che continua a porre sul senso della vita e della morte , del dolore e dell’amore, della ricchezza e del piacere. Qohélet non è un nome proprio ma un nome comune, che designa una funzione: indica cioè colui che parla all’assemblea (in ebraico “qahal”, in greco “ekkêsìa”, da cui deriva il titolo latino e italiano, “Ecclesiaste”, trascrizione della Bibbia greca). Nel Laser odierno, curato da Antonio Ria, vengono evidenziate le tematiche del libro, le problematiche che suscita, trattandosi di un’opera di transizione, una svolta del pensiero ebraico: le certezze tradizionali sono scosse, ma niente di fermo e sicuro viene a rimpiazzarle. Da questo punto di vista è considerato un libro “scandaloso” dell’Antico Testamento. La scoperta avviene attraverso tre letture diverse, ma forse complementari, tre voci: quella di Haim Baharier, massimo esperto di ermeneutica biblica e studi ebraici; dello storico del cristianesimo Alberto Meloni e dello scrittore Sebastiano Vassalli, che ha dedicato a “Qohélet” il capitolo «L’uomo che parlava nelle assemblee», nel suo libro “Amore lontano” (Einaudi).
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