dall'inviato ad Andorra la Vella Nicola Rezzonico
"Porteremo Andorra tra le potenze di Spagna". No, non è una barzelletta calcistica, e neppure uno slogan fallace dietro cui nascondere propositi truffaldini, come alcuni temevano. In meno di un lustro, Gerard Piqué ha zittito tutti, compresi gli scettici che si interrogavano sul senso di rilevare una società senza particolare appeal e, per giunta, lontana anni luce dalle vette pallonare. In effetti, fino al dicembre del 2018 l'FC Andorra si accontentava di poco: un posto a metà classifica nella Primera Catalana (la quinta divisione del calcio iberico), davanti a quegli sparuti fedelissimi che, nelle fredde giornate pirenaiche, si scaldavano il cuore rammentando l'impresa del 1994. Quale? Roba da non credere, l'eclatante successo sul Barcellona di Johan Cruyff nella semifinale di Copa Catalunya. A cui, altrettanto magicamente, aveva fatto seguito l'apoteosi nella finalissima con l'Espanyol. Ma da lì in poi, il nulla cosmico, sino appunto alla venuta del redentore.
Per sincerarsi della bontà del progetto, in realtà, erano bastati pochi mesi. Nell'estate del 2019, dopo un simultaneo doppio salto in avanti (il primo per meriti sportivi, il secondo dietro pagamento di quasi mezzo milione per sostituire il Reus Deportiu, retrocesso d'ufficio), la compagine tricolore si presentava infatti ai nastri di partenza della Segunda Division B, il terzo livello: ora sì che si iniziava a fare sul serio. Completate tre ulteriori stagioni in crescendo, sempre alla ricerca di giovani rampanti (con più o meno fortuna, come nel caso del friborghese Aimery Pinga, ex GC e Sion), ecco poi l'agognata, storica promozione in Segunda Division, tra le migliori 42 di Spagna. Anzi, tra le migliori 27, considerato il settimo rango - appena fuori dalla zona playoff - di quest'anno, al debutto assoluto in "Serie B". Tutto bello, bellissimo. Ah già, ma cosa ci fa una formazione andorrana nei campionati spagnoli? Semplice, l'infiltrata speciale, approfittando di una deroga esclusiva dal… 1948, quando della Federazione locale (fondata soltanto nel 1994) non vi era nemmeno l'ombra.
Volendo pignoleggiare, l'unico neo di tale piano vincente concerne l'azzeramento della componente indigena in rosa. Ma è normale, specie se il modello di riferimento è il Monaco (paragone dichiarato) e se la volontà è quella di puntare celermente al top, senza guardare in faccia a nessuno. Il pubblico, d'altronde, non sembra curarsene, tanto che i 3'000 posti abbondanti dell'Estadi Nacional - casa condivisa con la Nazionale - cominciano a stare stretti, a seconda dell'avversaria. Ai giocatori del posto viene per contro accordato ampio spazio in seconda squadra, parecchio più in basso nella piramide. E qui, con la sua immensa esperienza, sapete chi c'è a fungere da leader? Il mitico Ilde Lima Solà, che, malgrado le 43 primavere, continua a dimostrare l'ardore di un ragazzino. Se ne sarà accorto anche il CT Koldo Alvarez, tornato a convocarlo dopo 12 mesi e dopo che, in passato, alcune critiche sulla gestione del protocollo pandemico avevano comportato una lunga esclusione punitiva. Stasera, allora, l'ex granata potrebbe entrare ulteriormente nella leggenda, allungando la propria carriera internazionale a quasi 26 anni di onorato servizio. Lo vedremo davvero in campo? Per ritoccare il record basta una manciata di minuti.
Legato a Rete Uno Sport 16.06.2023, 12h30
Il servizio con Alex Calabrese su Xherdan Shaqiri (Rete Uno Sport 16.06.2023, 12h30)
RSI Sport 16.06.2023, 13:14
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