di Alessandro Tamburini
Come detto durante la cronaca e ribadito negli studi di Sport Non Stop, analizzo l'episodio senza partecipazioni emotive o di parte, ma esprimendo un pensiero basato su fatti oggettivi.
In Australia palesemente (il cronologico dei tempi lo testimonia) Marquez ha corso astutamente per vincere la gara, tenendo un margine tra lui e Lorenzo e non facendo "esplodere" una lotta a 4 difficile da gestire. Le MotoGP di oggi sono più scientifiche di quanto può sembrare. Tra Lorenzo e Rossi ci sono in gara prestazioni molto simili ma parabole diverse (lo spagnolo sfrutta meglio le gomme in avvio, soffre più sul finale, vedi Barcellona), per questo è fondamentale in una lotta vissuta sui centesimi di secondo per Valentino poter mantenere il contatto con Jorge nella prima parte della gara, altrimenti quel piccolo solco (anche di un secondo) che si crea può essere decisivo (proprio come a Barcellona, o al Mugello in passato ed in altre occasioni).
Rossi sa benissimo che quanto accaduto in Australia ha modificato la sua dinamica di gara, sperava che fosse casuale (in ottica vittoria GP di Marquez) ma temeva che invece fosse premeditato con influenza dunque in ottica Mondiale. Sepang ha confermato le sue paure e la sua tesi del giovedì, perché Marquez non ha corso per vincere il GP (altrimenti subiti i sorpassi di Lorenzo e Rossi avrebbe seguito sul passo per tenere il contatto con Pedrosa e Lorenzo), ma ha dato vita ad un duello con Vale che costava oltre 1 secondo al giro, ovvero in una gara appena iniziata la possibilità di vincere.
Dunque il suo target era sfidare Rossi, non vincere. E questo non lo trovo né filosoficamente da campione del mondo in carica (che dovrebbe correre per vincere) né in linea con il fair play di chi può essere giudice di un Mondiale che non gli appartiene più (fai la tua gara per ottenere il miglior risultato, non curandoti nemmeno degli altri, chi sono, colori, altro).
L'episodio che tanto fa discutere infine è una logica conseguenza e merita pochi commenti. Rossi si è innervosito, la sua tesi ha trovato conferma, ha rallentato vistosamente, ha guardato Marquez come dire "se vai così e non ti interessa di vincere il GP dopo pochi giri, ed io non posso ormai più dire la mia là davanti, adesso cosa facciamo????".
Marquez ha risposto con i fatti. Gas e continuiamo nella nostra "battaglia", chiudo la curva e bum. Casco su ginocchio di Vale, reazione istinitiva nell'allargarlo senza nessuna volontà di farlo cadere. Questione di istanti. Nessun calcio, nessuna cattiveria. Solo "frustrazione" comprensibile perché non c'erano alternative.
Valencia 2013. Lorenzo rallentava tutti in modo palese per mettere piloti tra lui e Marquez e recuperare nel Mondiale. Fece una tattica pulita e d'alta scuola. Per se stesso. Nessuno però s'inserì, Rossi per primo, ma corsero tutti con la "testa e consapevolezza" che c'era in palio un Mondiale tra lui e Marquez. Questione di ruoli, conoscenza delle corse, volontà di correttezza.
A Indianapolis quest'anno Marquez ha attaccato Lorenzo a 2 giri dalla fine. Cercava il successo ed i punti mondiali. Lo avesse fatto come a Sepang dopo pochi giri (duellando come in Malesia) avrebbe permesso a Rossi e Pedrosa di stare con loro. Si viaggia sul filo dei centesimi. Quando perdi secondi ad inizio GP senza curarti della vittoria vuol dire che non corri per vincere. E questo per me assolve completamente Rossi e mi porta a dire che questo splendido Mondiale, straordinario, tra grandi campioni, purtroppo non si è concluso con una pubblicità positiva. Occasione persa e senso di rammarico molto alto. Perché si leggono brutte parole, troppo veleno, per un sport meraviglioso e piloti che sono campioni straordinari.
MotoGP, il duello Marquez - Rossi