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Giorgio Orelli legge e commenta il VII canto dell'Inferno. Siamo nel quarto cerchio, custodito dal demone Pluto, il dio greco della ricchezza, dove ci sono gli avari e i prodighi, condannati a spingere col petto pesanti macigni e ad azzuffarsi e insultarsi l'uno con l'altro. Qui Dante e Virgilio affrontano l'argomento della Fortuna, descritta come un'intelligenza angelica, una specie di "ministra" incaricata di trasmutare le ricchezze materiali da un individuo all'altro e da una famiglia all'altra in base al giudizio divino imperscrutabile all'uomo. Questa visione è quella della cultura teocentrica del Medioevo. L'ultima parte del canto introduce gli iracondi immersi nella palude Stigia che circonda la città di Dite.
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