Laure Betris è munita di uno spirito curioso, improntato all’esplorazione. Parola d’ordine “mai fermarsi”, potremmo dire. È il filo conduttore della carriera di questa polistrumentista e cantante friborghese, attiva in diversi progetti da una ventina d’anni. Nei suoi vari cambi di pelle ha sperimentato con punk, rock, folk, elettronica, ha maneggiato luce e oscurità. “Credo che venga dalla mia evoluzione interiore. Ci sono cose che prima mi interessavano e che ora mi interessano meno - racconta Betris, che oggi ha sviluppato nuovi interessi - Ora mi affascina l’idea dell’intimità applicata alla performance, concerti più piccoli, vicini alle persone, dove il pubblico che circonda i musicisti e capta i dettagli”.
Dopo essere stata Kassette per una decina d’anni, ora affronta un nuovo percorso con Berceuses, in cui, assieme ad altre sette musiciste romande, ha approcciato la dimensione delle ninne nanne. Senza dimenticare Colline de pierre, l’altra espressione della sua attuale ispirazione. “C’è stato un processo di ricerca, tanti viaggi e tanti eventi nella mia vita, personale e familiare, non sempre facili. La parola giusta è: ricerca. Esplorare, sperimentare, ricercare. Ho fatto molta musica che è ancora nel mio computer”. Creare, creare e creare ancora, senza che quanto prodotto sfoci per forza nella pubblicazione, come è tipico degli artisti.
Nell’arco della sua carriera, ciò che l’ha attratta di più sono state le collaborazioni, perché ama condividere scrittura, produzione e performance. Un contesto in cui si crea un rapporto diverso con il pubblico, con la tranquillità di non si sentirsi mai sola.
All’insegna del lavoro in comune è anche Berceuses. Per realizzare questa sua nuova iniziativa, Laure Betris ha contattato musiciste con cui aveva già lavorato in passato con buon profitto. “L’idea era che ognuna portasse una ninna nanna creata ad hoc oppure esistente, come quella che ho portato io”.
Con lei, abituata a muoversi così libera sulle ali della creatività, si può discutere anche della condizione dei musicisti indipendenti in Svizzera e dell’assegnazione dei fondi. “Per me il problema va oltre la questione degli artisti o del sostegno alla cultura. È una questione di distribuzione della ricchezza in generale. È chiaro che è un problema, se in un paese ricco come la Svizzera gli artisti, e i musicisti in particolare, sono dei precari. Io lo faccio da vent’anni e riesco a guadagnarmi da vivere, ma è difficile e vivo con duemila franchi al mese”. Forse rispetto al passato ci sono troppi artisti rispetto alle possibilità offerte sul mercato? “È il problema del capitalismo - osserva la nostra ospite - Mette le persone in competizione per tutto, non solo nella musica. Non è la visione del mondo che voglio coltivare: io ne preferisco una più unitaria, mi piace credere che ci sia un posto per tutti”. Al di là degli ideali, anche Laure Betris deve fare i conti con le cose concrete, tanto che sta considerando nuove prospettive per il futuro. “Sto valutando altre fonti di reddito, come animatrice di laboratori creativi per bambini e anziani”.
Berceuses