Ambiente e Sostenibilità

L'agroecologia in cinque parole chiave

Riassumiamo gli aspetti più importanti dell’agroecologia, un metodo agricolo che permette di lavorare con la natura e non contro di essa

  • 19 giugno, 11:30
Copertina agroecologia
  • © Ti-Press / Samuel Golay
Di: Emma Berger 

L’attuale gestione dell’agricoltura mondiale sta portando gravi conseguenze per la terra, come l’erosione del suolo, la carenza di risorse idriche, le emissioni di gas serra e la perdita di biodiversità. Questo sfruttamento eccessivo della terra è causato, tra le altre cose, da un uso inappropriato di agenti chimici e dalle monoculture. Le alternative per produrre il cibo in modo più sostenibile ci sono, e una di queste è l’agroecologia, un metodo che non fornisce semplici formule da applicare nell’agricoltura, ma che sviluppa principi nati dallo studio e dalla conoscenza della natura e dei suoi meccanismi. Ecco cinque parole chiave per capire meglio l’agroecologia.

1. Ecologia

L’ecologia è alle basi della nascita dell’agroecologia, infatti questa nasce negli anni Trenta del secolo scorso come l’applicazione dei principi ecologici nell’agricoltura. È soprattutto una cinquantina di anni dopo, negli anni Ottanta, che la disciplina evolve da un approccio strettamente scientifico a un'ampia prospettiva che abbraccia l'intero sistema alimentare, includendo anche considerazioni socioeconomiche.
In questo periodo, infatti, le preoccupazioni ambientali si fanno più marcate: gli ecologisti e studiosi dei Tropici avevano iniziato a sottolineare la fragilità dei sistemi agricoli basati su monoculture, più inclini a deforestazione, malattie, agenti infestanti, erosione del suolo e perdita di nutrienti. Insistevano sul fatto che bisognava tornare ad un sistema di coltivazione tradizionale, che rispettasse le esigenze dell’ecosistema locale, favorendone la biodiversità e il ciclo di nutrienti.
Queste tematiche erano già state sollevate da pubblicazioni come quelle di Rachel Carson, che nel 1963 pubblicò Primavera silenziosa, un saggio che esponeva le ripercussioni negative dell’utilizzo massiccio di pesticidi nell’agricoltura.
È così che l’agroecologia diventa lo «studio delle interazioni fra piante, animali, esseri umani, ambiente naturale e sistemi agricoli». Una disciplina che prende in considerazione aspetti ecologici, economici e sociali per creare un sistema in grado di lavorare con la natura e non contro di essa, un sistema che sfrutta la naturale interazione tra terra, piante e animali per approfittare dei suoi conseguenti benefici.
La definizione è relativamente nuova (anche se non ce n’è una definitiva), ma i metodi che l’agroecologia studia e mette in atto sono praticati dagli inizi dell’agricoltura.

2. Tradizione

L’agroecologia è il risultato di un dialogo tra il sapere contadino tradizionale e le scienze agricole moderne, che integrano per esempio agronomia, botanica ed ecologia.
Da questa interazione si vogliono elaborare nuovi principi, e non delle regole, da applicare sul proprio territorio a seconda delle sue condizioni. Non avrebbe valore imporre delle ricette specifiche, poiché il senso dell’agroecologia è quello di studiare il proprio ambiente per capirne i meccanismi ed elaborare diverse tecniche in base alle sue esigenze. La ricerca si genera dal basso verso l’alto: parte dalle tecniche e dalla sperimentazione dei contadini per poi applicarci il sapere della scienza moderna.
Con l’agroecologia si vogliono studiare i metodi e le tecniche impiegate negli agrosistemi tradizionali, perché hanno dovuto adattarsi attraverso i propri mezzi a disposizione in modo che fossero resistenti ad ambienti ostili o cambiamenti improvvisi. Le loro caratteristiche consistevano in una biodiversità elevata e un’abile gestione del territorio e delle risorse da parte dei contadini.

3. (Bio)diversità

Nell’agroecologia la diversificazione è fondamentale. Una biodiversità elevata, ovvero una vasta gamma di specie e di interazioni, è importante, ma lo è ancora di più una diversità funzionale, che si riferisce alla varietà di funzioni che le diverse specie apportano all’ecosistema. Aumentando la varietà di piante, incrementano le interazioni con artropodi e microorganismi, che, ognuno con le proprie caratteristiche, aiutano a sviluppare la fertilità del suolo e controllare gli infestanti. Questo, ovviamente, riduce la dipendenza da input chimici come fertilizzanti, diserbanti e pesticidi.
Per arrivare a questa diversità ci sono diverse strategie che si possono adottare. La prima di queste è la rotazione delle colture, detta anche intercropping, ovvero intercalare la coltivazione di due piante diverse. Lo si fa di solito alternando cereali con legumi: i legumi sono in grado di fissare meglio l’azoto al suolo, rendendo la terra più fertile anche per la coltivazione di cereali. Inoltre, la competizione tra legumi ed erbe infestanti riduce la crescita di quest’ultime.
Un altro metodo che permette di approfittare dei benefici di diverse piante è quello delle policolture, sistema in cui due o più piante vengono coltivate nello stesso spazio, in modo che si instauri un rapporto complementare ed efficiente. Un esempio è quello della coltivazione simultanea di banane e caffè: le piante di banane offrono ombra a quelle di caffè, proteggendole dal sole e favorendone la crescita. Una volta cadute, le loro foglie offrono materiale organico che decomposto fornisce nutrimenti alle piante di caffè. Coltivare più varietà è inoltre più conveniente perché permette di diversificare le fonti di reddito e di diminuire la vulnerabilità in caso di malattie. Un esempio che illustra questo ultimo punto è quello degli ulivi in Italia infestati dalla Xylella fastidiosa, una malattia che ha contribuito alla desertificazione di 50’000 ettari di uliveti. Questa malattia ha potuto diffondersi perché gli ulivi erano coltivati in monoculture, senza altre varietà di piante che potessero proteggerli dalla Xylella. Per ovviare a questo problema, alcuni agricoltori hanno infatti iniziato a introdurre, per esempio, alberi di fichi o di mandorle, in grado di fungere da “cuscinetto” contro la malattia.
La pacciamatura è una strategia sempre più utilizzata per proteggere il suolo da sole, insetti ed erbe indesiderate. Coprire il terreno con materiali organici ne favorisce l’umidità e la qualità e permette un minor impiego di irrigazione o diserbanti.
Integrare il bestiame alle colture, in ultimo, è un altro metodo per rendere un ecosistema più diversificato e meno dipendente da interventi esterni: gli animali forniscono letame come fertilizzante e permettono il riciclaggio degli scarti vegetali prodotti dall’agricoltura, che sono utilizzati per nutrirli.

4. Resilienza

Tutte queste strategie sono utili perché permettono di ottenere un agrosistema resiliente, ovvero un sistema in grado di sopportare avversità climatiche e riprendersi da esse, perché si sono sviluppate reti di interazioni e meccanismi naturali che lo hanno reso più indipendente e resistente. Recuperando il legame con la terra si capisce il suo funzionamento e ci si allontana da pratiche recenti come quelle della monocultura - applicata anche nelle coltivazioni biologiche - che aumenta la vulnerabilità e il rischio di perdite significative. In caso di siccità, per esempio, un sistema agricolo complesso ha più materia organica e più umidità del suolo; è quindi meno esposto ai rischi legati alla carenza d’acqua.
Un altro esempio di sistema agricolo resiliente è quello di Ersnt Götsch, agricoltore svizzero che agli inizi degli anni Ottanta si è trasferito in Brasile per recuperare una superficie rovinata e apparentemente senza speranze di tornare ad essere coltivata. Studiando il territorio e piantando diverse varietà di piante, è riuscito a rendere di nuovo il suolo fertile e rigenerare la vegetazione. Grazie all’introduzione di alberi e arbusti si è creata così tanta evaporazione che la pioggia non mancava mai nella sua zona, mentre intorno a lui c’erano siccità e altre malattie.

5. Interdisciplinarità

Come già accennato, l’agroecologia non si limita alle scienze naturali – come ecologia e agronomia - ma ingloba diverse discipline per ottenere un approccio più olistico all’agricoltura. Studia anche gli impatti sociali ed economici delle pratiche agricole, ad esempio l’accesso alle risorse e le dinamiche tra le comunità rurali. Si interroga anche sulla nutrizione nella produzione alimentare e sull’efficienza economica delle nuove tecniche. Non a caso, infatti, l’agroecologia ha iniziato negli anni Sessanta-Settanta ad aprirsi ad altre discipline, quando alcune trasformazioni agricole avevano portato forti aumenti di produttività ma profonde diseguaglianze sociali.

Anche in Ticino c’è chi si impegna per mettere in pratica questi principi e creare un ambiente più verde e in sintonia con la natura. Orti urbani, metodi ecologici e sociali per coltivare e scuole che educano ad un’agricoltura più sostenibile sono solo alcuni dei progetti ticinesi mostrati in questo servizio di Falò “Voglia di ritorno alla natura”.

59:20

Voglia di ritorno alla natura

Falò 22.06.2023, 21:10

Fonti:

Miguerl Altieri e Peter Rosset, “Sulla via della Madre Terra, Agroecologia: una rivoluzione tra scienza e politica”, Aboca, 2017.
Dalgaard, T., “Agroecology, scaling and interdisciplinarity”, Agriculture, ecosystems and environment, v.100, no. 1, 2003, pp.39-51.
LabExpo¦Che cos'è l'agroecologia¦Miguel Altieri
Se distruggiamo gli ecosistemi di MARE e TERRA da dove arriverà il nostro CIBO? WHAT WE EAT - EP 4
Open.spotify.com (Ernst Götsch e l’agricoltura sintropica: coltivare secondo natura)

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