Il primo sabato è spesso uno dei momenti topici e più affollati della Mostra di Venezia. Arrivano anche i curiosi e gli spettatori "mordi e fuggi". È forse anche per questo che trova spazio nel programma il primo dei quattro film italiani del concorso.
L'attesa è firmato da Piero Messina, già aiuto regista di Paolo Sorrentino sui set di This Must be the Place e La grande bellezza. Messina è siciliano, si era fatto notare ai grandi festival con dei corti e ora esordisce con un lungo tutto suo, ambientato nella Caltagirone della sua infanzia.
Terra ancestrale e un po' misterica, almeno osservando le immagini della celebre processione pasquale, con figuranti incappucciati e bianchi come fantasmi. Terra in cui Messina decide di ricreare un vero e proprio dramma mariano, che inizia con l'inquadratura molto sorrentiniana di un crocifisso ligneo ripreso dall'alto, per portarci nella grande casa rurale in cui una madre (Juliette Binoche) sta vivendo il lutto per la scomparsa del figlio (che non vedremo mai). La donna è di origini francesi, così come francese è la ragazza con cui il figlio aveva una relazione (Lou de Laâge). È proprio la giovane a presentarsi sulla soglia senza sapere che il suo amato non c'è più. Ma la madre decide di lasciarla all'oscuro e farle credere che lui ritornerà.
Guarda l'intervista alla Binoche
RSI Info 14.09.2015, 20:26
Un triangolo a due, con il terzo elemento che aleggia soltanto, e un senso barocco di drammatizzazione teatralizzata della vita, dei dolori, degli amori. Esperimento che si esaurisce prima del dovuto e lascia lo spettatore forse con un po' di frustrazione in corpo, ma anche una vera e propria Pietà trasformata in cinema. Fischiata alla proiezone stampa.
Juliette Binoche (Gli amanti del Pont Neuf, Tre colori: blu; Tre colori: bianco; Niente da nascondere, Sils Maria), madre elusiva e devastata a modo suo dal dolore, ha detto "Come attori recitiamo molto con la nostra immaginazione. Lavoriamo con la storia,il presente, recitiamo con la nostra esperienza, ma una parte importante è data dalla nostra immaginazione. Il personaggio che recito crea un mondo perché non sopporta la realtà. Dunque il pensiero magico di creare un mondo fa sì che anche questo figlio fosse presente per me in quel mondo. Io ho un figlio anche nella realtà, ma non me ne sono troppo servita in termini di ricordi. A tratti sì, ma siccome la storia raccontata è dura, non è certo uno di quei casi in cui ti viene voglia di coinvolgere tuo figlio. Magari qualche ex amante, al limite (ride forte)"
Marco Zucchi