Seicento copie delle mille stampate sono già andate a ruba. Merito soprattutto del traduttore Not Soliva che è riuscito a trasporre in romancio sursilvano “Lo Hobbit”, il fantasy dello scrittore inglese J. R. R. Tolkien. Il libro ha inaugurato nel migliore dei modi l’iniziativa promossa da Leander Etter. Secondo lui mancavano libri fantasy conosciuti e letti in tutto il mondo tradotti in romancio: “Dobbiamo tradurre più storie che interessano il pubblico e che sono già state tradotte in altre lingue. Dovremmo orientare di meno l’offerta seguendo una prospettiva puramente romancia, ma fare più attenzione agli interessi delle persone”, spiega Etter alla RSI.
Ma tradurre un bestseller non è del tutto semplice. È un’avventura piena di incognite, un po’ come quelle che ha dovuto affrontare lo hobbit Bilbo Baggins, che in romancio è stato ribattezzato Bilbo Bundli. Per un anno e mezzo Not Soliva ha lavorato alla versione sursilvana dell’opera dell’autore del Signore degli Anelli. La scelta è ricaduta su questo idioma per vari motivi. “In sursilvan riesco a immaginarmi una persona che mi racconta questa storia. So come si esprimerebbe, quali modi di dire userebbe. Dato che conosco le fiabe e la mitologia in questo idioma, posso cercare termini utili per lo Hobbit. In rumantsch grischun invece sarebbe più difficile”, dice Soliva.
I promotori del libro dopo aver comprato i diritti per la traduzione, avrebbero voluto studiare una loro grafica. “Avremmo voluto ricreare l’iscrizione nell’anello sulla copertina del libro - racconta Gion Fry, responsabile della parte visiva -. Abbiamo contattato la casa editrice e subito ci è stato chiaro che non avremmo avuto grandi libertà. Alla fine, abbiamo ricevuto il consenso per la visualizzazione con il drago”. E il risultato ha dato loro ragione.