Cultura e spettacoli

Sguardi: "Quando non osai chiedere a Jeanne Moreau di cantare"

Gli incontri e gli aneddoti dell'esperta di cinema Cristina Trezzini

  • 31 luglio 2017, 11:53
  • Oggi, 04:48
Jeanne_Moreau

La diva sul red carpet dell'European Film Award nel 2007

  • Keystone

A due giorni dall'inizio della 70esima edizione, continuiamo la rassegna di testimonianze di alcuni frequentatori di lungo corso del Locarno Festival.

Oggi è il turno di Cristina Trezzini. La prima partecipazione nel 1968 come semplice spettatrice, poi la lunga attività in qualità di redattrice e produttrice RSI, che le permise di incontrare i grandi miti del cinema internazione, fra cui Jeanne Moreau, scomparsa oggi all'età di 89 anni.

"Fine Anni Sessanta ricordi “ginnasiali” con indigestioni di Godard, Tanner, Goretta, Straub, scoprire la Nouvelle Vague e la cinematografia dell’est, cinque film al giorno. Proiezioni nel nuovissimo Rex, sdraiati sotto lo schermo, in mezzo a coltri di fumo. Inizio Anni Settanta da spettatrice: “Andrej Rublev” di Tarkovskij in Piazza seduta (per più di tre ore) su una panchina di legno in prima fila. Nessun altro film mi sembrerà mai più potente come quello: un pittore di icone e la costruzione di un’enorme campana, immagini in bianco e nero (ma quante gradazioni di grigio riesce a far esistere un maestro russo?). Anni Ottanta da redattrice - l’incontro con uno dei miei miti in carne ed ossa: Jeanne Moreau ( “Jules et Jim” di Truffaut visto e rivisto innumerevoli volte). Siede minuta in una poltrona del Grand Hôtel, e mi intimorisce con la sua voce roca e severa. Non oso chiederle, come si farebbe oggi, di cantarmi “Le tourbillon de la vie”.

Di notte il grande albergo ospita i tiratardi, Daniel Schmid che ama suonare il piano a coda, Ingrid Caven che canta, Wim Wenders che si lascia intervistare dopo la proiezione in Piazza di “Il cielo sopra Berlino”. E poi…quasi trent’anni da produttrice, centinaia di interviste, con volti che si confondono nella memoria: Susan Sarandon, Isabelle Huppert, Claudia Cardinale, Jim Jarmusch, Ken Loach… ma ce ne è uno, che, prorompente, sovrasta tutti: quello di Harry Belafonte. Un grande artista, un instancabile attivista e un uomo dolcissimo".

(L'intervista è stata pubblicata originariamente nel numero di luglio/agosto del mensile culturale RSI CULT)

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