All’anagrafe John Joseph Travolta, al cinema tanti altri nomi di cui almeno tre - Tony Manero, Danny Zuko, Vincent Vega – entrati nel mito hollywoodiano dalla porta principale. L’attore italo-irlandese di Englewood, New Jersey, oggi 18 febbraio ne fa 60 tondi! Come candeline sulla torta un paio di top five: quella immancabile dei film che lo hanno reso un’icona durante una carriera frammentata, in cui ha saputo più volte reinventarsi, ma anche quella un po’ meno scontata dei ruoli dimenticati, misconosciuti e anche da dimenticare.
Nel mito
1) “La febbre del sabato sera”: ritratto di una generazione inquieta e di un periodo nervoso, gorgogliante, un po’ oscuro dell’America contemporanea; all’interno vi si muove con disinvoltura, mossette da allora imitatissime, candido completo da truzzo, voglia di trovare la sua via, l’aspirante ballerino Tony Manero: fuori classifica
2) “Grease”: come dire dopo la fama, la normalizzazione rassicurante con un nuovo ruolo ribelle, ma molto calato in una zuccherosa rievocazione anni ’50 figlia di “American Graffiti”; le canzoni risuonano eterne nelle orecchie, la metamorfosi della Newton John è degna di Dottor Jekyll e Mister Hyde, ma è soprattutto la brillantina nei capelli di Danny Zuko a far risplendere il tutto: da cantare
3) “Pulp Fiction”: dopo una crisi di mezza età anticipata, con tanto di mattane per la perdita di qualche capello di troppo, ci pensa Quentin Tarantino a resuscitare il mito dell’allora quarantenne Travolta. Il suo Vincent Vega – panzetta e capello unto d’ordinanza – fa una brutta fine, ma prima delizia tutti con chiacchierate polemiche insieme all’amico Samuel L. Jackson, per non parlare del balletto con Uma a ritmo di Chuck Berry: semplicemente cult.
4) “Face/Off”: miracolato da Tarantino, Travolta è ormai tornato in sella al suo mito e si cimenta per John Woo in uno dei migliori action movie della sua generazione; scambio di facce, di personalità, di psicologie, di tempra morale con l’antagonista Nicolas Cage: entertainment allo stato puro
5) “La sottile linea rossa”: sicuramente il ruolo meno noto dei cinque, anche perché inserito in un contesto di recitazione corale come quello del pamphlet antibellico di Terrence Malick; Travolta non è il protagonista, bensì un generalissimo che ha il ruolo cruciale del cinico comandante con la testa sulle spalle, impietoso e obbligatoriamente disumano nello spingere i suoi allo scontro, sapendo che a tanti andrà male: capolavoro
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Gli altri
1) “Carrie – lo sguardo di Satana”: chi se lo ricorda? Nel film di Brian De Palma, John interpreta la cattiva compagnia della stronzissima Nancy Allen, la studentessa aguzzina che tiranneggia la povera Carrie (Sissy Spacek); la protagonista farà fuoco e fiamme contro tutti e pure Billy, il teppistello interpretato da Travolta, finirà malissimo.
2) “Urban Cowboy”: in pieno momento di gloria giovanile Travolta si cimenta nel ruolo del vaquero tutto d’un pezzo a cui tocca confrontarsi con il violento Wes (Scott Glenn); del film si ricordano soprattutto il viso soave di Debra Winger e il leggendario toro meccanico, che risagoma le gonadi dei due contendenti e segna l’immaginario post-country di milioni di spettatori.
3) “Battaglia per la Terra”: quasi unanime il riconoscimento di peggior film interpretato dall’attore e probabilmente di membro della top 10 dei film più brutti di sempre; stregato da Dianetics, Travolta porta a termine una fanta-boiata di dimensioni indicibili, con superflop al botteghino e sberleffi generalizzati, che toccano tutti gli aspetti, dalla trama ai costumi grotteschi. Nove Razzie Awards, come dire pessimo in tutto.
4) “Codice Sworldfish”: il fratellino in chiaroscuro di “Face/Off”; nel senso di un tentativo di produrre lo stesso grado di adrenalina, tensione, action disinvolta, senza risultati analoghi; il supercattivo interpretato da Travolta si candida in questo film a uomo che prenderesti più volentieri a schiaffi se lo incontrassi per strada; prova a far fare una pessima figura all’allora emergente Hugh Jackman, ma non va lontano
5) “Le belve”: nel turbinio di malavita da operetta e compiaciuto kitsch caricaturale orchestrato da Oliver Stone, a John tocca forse il ruolo più bello e malandrino del film, quello del poliziotto supercorrotto Dennis, vilain sotto mentite spoglie che vuole assaporare il meglio della vita; se si deve intendere Travolta come uno dei campioni dell’overacting, questo è l’ esempio che rende bene l’idea.
Marco Zucchi
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