Potrebbe anche sembrare poco più di una routine. Siamo alla 44esima edizione del Forum e Davos è abituata all’annuale invasione di politici, top manager e personaggi più o meno noti provenienti dai quattro angoli del pianeta. Una specie di tradizione che però ha il suo evidentissimo impatto sulla realtà di quella che resta una piccola città (o un corposo villaggio, vedete voi) in mezzo alle Alpi grigionesi.
E così, un gennaio dopo l’altro, per una settimana Davos viene letteralmente lacerata da barriere, zone chiuse e settori a massima sicurezza. Il tutto in pieno centro. Non proprio comodo per chi, come molti dei suoi 13mila abitanti, si ritrova ai margini del mirabolante mondo WEF. Senza contare il quasi costante intasamento delle strade cittadine da parte delle numerose limousine che trasportano da un incontro all’altro il VIP di turno.
Filtri, controlli e disagi
Il cuore del perimetro ipersecurizzato è il palazzo dei congressi. Anche solo per transitargli accanto ci vuole un badge, ed occhio che sia del colore giusto altrimenti non si passa. Nella stessa zona la maggior parte degli hotel e delle residenze che ospitano la crème della tribù del Forum, i capi di Stato, le superstar di questo o quell’ambito, i giornalisti più famosi. Tutto attorno una serie di filtri e controlli progressivamente meno permeabili le cui componenti più visibili sono le migliaia di poliziotti-militari schierati a protezione degli ospiti di Klaus Schwab e circa 35 chilometri di filo spinato a bloccare vie d’accesso non permesse. I tempi delle grandi contestazioni anti-WEF saranno anche passati ma le misure di sicurezza sembrano perfezionarsi anno dopo anno.
Indotto tra i 25 e i 45 milioni di franchi
I disagi per i residenti sono dunque facilmente immaginabili ma ciò non toglie che il WEF per Davos è stato, è e (forse) resterà un ottimo affare. Secondo alcune stime ogni edizione del Forum genera un indotto per l’economia locale che varia tra i 25 e i 40 milioni di franchi. Alberghi, ristoratori, servizi e artigiani vari (pensate ai vari stage da realizzare per questo o quell’evento) fanno affari d’oro e non sono rari gli esempi di chi grazie al WEF copre buona parte delle proprie spese annuali.
Inoltre, il tradizionale appuntamento diffonde regolarmente il nome di Davos in tutto il mondo trasformandolo in un vero e proprio marchio: presupposto sempre più essenziale per attirare turisti e visitatori anche al di fuori da questa settimana delle meraviglie.
Prezzi gonfiati
Dunque il santo vale la candela? Per Davos e per i suoi abitanti sembrerebbe proprio di sì. Ma attenzione a non tirare troppo la corda: in certe “lounge” un caffè si paga ormai 7 franchi e 50, un bicchiere di vino rosso di dubbio prestigio 17 franchi e 50.
Davos-WEF: un binomio inscindibile?
Tanto che lo stesso Klaus Schwab, cittadino onorario di Davos, ha invitato i suoi concittadini a non considerare il WEF ed i suoi ospiti semplici “vacche da mungere”. Altrimenti, ha aggiunto, potrebbe anche immaginare di scindere l’inscindibile (finora) binomio WEF – Davos, spostando il suo dorato carrozzone da qualche altra parte.
Marzio Pescia