Economia e Finanza

"In Spagna c'è chi finisce per strada"

L'esperienza di un ticinese rientrato in patria

  • 25.04.2013, 21:05
  • 05.06.2023, 21:00
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La disoccupazione in Spagna ha superato il 27%, il 2013 sarà un nuovo anno di recessione . I numeri però non dicono tutto. Una fotografia della realtà iberica ce la fornisce chi l’ha vissuta sulla sua pelle. Ticinese, nel luglio del 2002 con moglie e un figlio piccolo aveva lasciato la Svizzera. Per cambiar vita aveva scelto Tarragona, a una settantina di chilometri da Barcellona. Ci è rimasto un decennio, si è convertito da animatore radiofonico al sociale e alla medicina alternativa, poi è rimasto disoccupato. Non si è arreso subito, ma alla fine ha scelto di rientrare in patria. Qui la moglie ha ritrovato un impiego, lui ancora no.

Gli sfrattati

“Quello che colpisce di più oggi”, racconta, “è che magari tu hai lavorato 20-30 anni per pagarti la casa, a un certo punto hai perso l’impiego e la banca si è ripresa la casa. A te però è rimasta la metà del debito. È chiaro che se ti ritrovi con tutti i membri della famiglia disoccupati, un solo sussidio di 420 euro e 70, 80 o 90'000 euro da restituire…. La legge, che adesso stanno rivedendo, permetteva di sfrattare e c’è gente che è stata sfrattata. Ho visto famiglie di miei vicini vivere in strada”.

“In Svizzera la realtà spagnola non dico sia nascosta, ma non la si vede nella sua interezza, avendo ancora contatti laggiù a me sembra più grave”, afferma. “Il dato di oggi della disoccupazione è la media nazionale. Al nord, nei Paesi Baschi e nelle Asturie (non in Galizia), si sta abbastanza bene. Alcuni miei amici, da Siviglia sono andati a lavorare lì. Ma a Tarragona, la disoccupazione è del 30% e ci sono alcune zone nel sud dove arriva al 60%. È notizia di questi ultimi giorni che ci sono aree dove un bambino su tre non ha abbastanza da mangiare. Non ci sono gli aiuti sociali che ci sono in Svizzera e la gente fa quello che può. Sono aumentati i furti, c’è chi è tornato a rubare il rame e a rivenderlo”.

I primi anni

Le cause vanno ricercate negli anni del boom, quelli del trasferimento dal Ticino. “C’era persino troppo lavoro. Vedevo intorno a me che tutti volevano prestiti dalle banche e che queste davano più di quanto veniva chiesto. Bastavano 1'000-1'200 euro di salario per un mutuo di 250'000 euro. Tutti stavano bene e qualcuno abusava di queste possibilità, abbiamo visto cose veramente esagerate e da svizzeri ci chiedevamo quanto sarebbe durata".

La crisi

“L’ecatombe è arrivata nel 2010”, racconta. “Ogni mese il numero dei licenziamenti raddoppiava. Le grandi municipalità non pagavano più le piccole imprese. Quei debiti cominciano a restituirli oggi, ma nel frattempo la ditta ha tagliato 15-20 operai o è fallita”. Le prime avvisaglie si erano viste già prima, nel 2008-9, e il popolo spagnolo “se ne è reso conto un po’ tardi. Hanno iniziato a chiudere i piccoli negozi, i supermercati mettevano prodotti meno cari, la gente andava meno al cinema. Nella sanità, il mio campo, hanno cominciato a tagliare il 10% dello stipendio, poi il 10% del personale. Non c’erano soldi per gli ospedali. Alle tre del pomeriggio chiudevano le sale operatorie, se avevi un infarto dovevi sperare che l’ambulanza ti portasse a Barcellona”.

L'esperienza personale

“L’impiego io l’ho perso due anni e mezzo fa. Nel centro contro la tossicodipendenza dove lavoravo, da 12 dipendenti sono rimasti in 5, di cui uno a tempo parziale”. Poi è toccato alla moglie, impiegata di un’azienda olandese. Prima di tornare “abbiamo resistito per più di un anno, anche se con una famiglia e 900 euro al mese era un problema. Giorno per giorno si usciva a cercare un’occupazione, in un supermercato per 600 euro, in spiaggia ad affittare barchette,... Non c'erano possibilità. Solo mia moglie ha trovato qualcosa, una sostituzione. L’unica cosa che ti offrono ancora sono i contratti a chiamata e provvisori, magari di tre mesi e poi si è casa”.

Banche sotto accusa

A chi dare la colpa? “All’inizio la davano a Zapatero, poi si è votato Rajoy. Ci si aspettava dei tagli, ma non così. Tutto quello che i socialisti avevano concesso quando i soldi c’erano è stato eliminato. Nel mirino ci sono però soprattutto le banche, è davanti alle loro sedi che si sono le maggiori proteste. Gli spagnoli si chiedono che cosa hanno fatto dei fondi ricevuti dall’Unione Europea”.

di Stefano Pongan

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